Vuoi per abitudine, vuoi per attaccamento o per semplice pigrizia, i viaggi di surf degli europei si concentrano sempre nelle stesse destinazioni. Questo da una parte favorisce i paesi dove ci sono onde in abbondanza, che si organizzano per accogliere migliaia di turisti e mettono a disposizione servizi e comodità. L’altra faccia della medaglia invece mette i viaggiatori di fronte ad un bivio: surfare da soli e rinunciare alle comodità, rischiando anche il pacco, oppure dividere il picco con decine e decine di persone senza rischi?
I tempi cambiano
Una volta i surfisti erano uomini di mare, in tutti i sensi. Selvaggi, poco pretenziosi e spesso con pochi spiccioli in tasca. Non c’erano profili social da alimentare e si partiva solo per il gusto di trovare onde ed avventura. Gli aerei che partivano erano pochi e decisamente più costosi. Le rotte coperte richiedevano scali lunghi o non ti portavano precisamente a destinazione, per affrontare i viaggi di surf quindi si ricorreva all’auto, ai traghetti oppure al treno. Quanti racconti abbiamo sentito che ci descrivevano l’infinita epopea per raggiungere Hossegor o Biarritz? Marocco e Portogallo erano ancora delle stelle poco luminose e le Canarie sembravano sempre un pianeta da scoprire. Poi con la globalizzazione e l’avvento delle compagnie low-cost il mondo del turismo è cambiato radicalmente. Poteva il surf non essere travolto da questi cambiamenti? Ovviamente no. Eppure l’espansione del turismo del surf è stata molto lenta e legata principalmente alla crescita dei social network.
Tempo e lavoro
La maggior parte delle persone che praticano questo sport, contrariamente a quanto si possa credere, provengono dalle città. Città che spesso sono lontane dal mare e che distano almeno 1 ora di macchina dallo spot più vicino. La distanza però non è la discriminante che influenza maggiormente la scelta dei luoghi da frequentare. Il tempo ed il lavoro invece sì. Chi lavora in città lontane dal mare o chi fa lavori d’ufficio molto raramente riesce a ritagliarsi uno spazio di tempo che gli conceda almeno un paio di surfate al mese. Quando arriva il momento delle ferie quindi si sceglie la meta che permette di surfare di più e di pensare a meno sbattimenti possibili. I periodi di vacanza sono generalmente sempre i soliti: la fine dell’anno, Pasqua oppure Agosto. La scelta è dunque quasi obbligata, spesso condizionata da ciò che si vede sui social network. Negli ultimi due anni, durante l’inverno che è l’alta stagione dell’Oceano Atlantico, a farla da padrone è il Marocco. In estate si prediligono Portogallo, Francia o Cantabria.
Il livello del surfista
Non sono tutti professionisti, anzi, il livello medio del surfista europeo è piuttosto basso rispetto alle altre parti del mondo. Tanti praticanti, moltissimi beginners e poche destinazioni concentrate in 4 paesi: Francia, Portogallo, Spagna e Marocco. Il surfista esperto, avvezzo ai viaggi di surf, sa organizzarsi, sceglie i periodi in cui è meglio raggiungere un posto piuttosto che un altro, non si lascia influenzare da ciò che vede sui social e si sposta conoscendo gli spot e le condizioni in cui si attivano. Per una serie di coincidenze strane però, può essere che i beginners o gli intermedi, anche con poca esperienza di viaggio, attratti dai video e dalle foto dei surfisti più esperti si riversino in location che non sono proprio adatte al loro livello. Se inizialmente non si affida a surfcamp, scuole o guide locali, il viaggiatore fai da te purtroppo nella maggior parte dei casi non sviluppa un sesto senso che lo aiuti a capire quale spot sia più adatto a lui. Scorge un gruppo di surfisti in acqua, pensa che sia buono e si lancia pure lui nella mischia. Ma se invece è il surfista bravo a passare dalla tribù al gregge? Che succede?
Nascono i paradisi in scatola
Venghino signori venghino, ci è parso di scorgere questa scritta su un cartello all’arrivo dell’aeroporto di Malé alle Maldive. Forse eravamo annebbiati dalla fame di onde? Fatto sta che questo tipo di destinazioni fanno molta gola ai surfisti di alto livello e sono molto frequentate, non solo dagli europei ma anche da sportivi provenienti dalle altre parti del mondo. Vi abbiamo citato le Maldive ma il solito discorso può valere per Indonesia o Centro America dove l’affollamento è sempre più in crescita. Ed ecco che anche qui tornano in gioco i punti affrontati nei paragrafi precedenti e si chiude il cerchio che risponde alla domanda iniziale:
- Le location una volta irraggiungibili diventano alla portata di tutti. I voli costano di meno, servizi ed offerta aumentano.
- Si ha poco tempo a disposizione quindi si vuole viaggiare senza sbagliare. Si scelgono le mete che offrono probabilità alta di trovare onde buone senza doversi preoccupare di cercarle o di beccare il pacco.
- L’influenza dei social network, nuovi modi di lavorare e abitudini di vita diverse da un tempo ci portano a raggiungere posti comodi o diversamente selvaggi (vendita di uno stile di vita da parte dell’influenza di massa).
- Un aumento esponenziale di praticanti nell’ultimo decennio.
È quindi un problema di cultura oppure il surf si è semplicemente adattato ai tempi che corrono? Cosa ci riserva il futuro dei viaggi di surf? Noi un paio di idee ve le abbiamo date in passato: scoprite le 10 destinazioni inusuali in Europa, Africa, Asia o Americhe.