Dal 25 Settembre al 5 Ottobre ho navigato per gli atolli a nord di Malé con Roby D’Amico e dieci altri cagnacci affamati di onde. Un surfcamp alle Maldive organizzato insieme ad On The Hunt e Roofless, società con cui io e Tommaso collaboriamo quando indossiamo il cappello di Surfsuit. A bordo di Kethi abbiamo vissuto seguendo uno schema basilare eppure perfetto nella sua semplicità: surf, eat, sleep & repeat. Ho girato vari paesi del mondo per cercare le onde ma non avevo mai partecipato ad un boat trip di surf e posso ammettere di non aver mai surfato tanto. Credo che superati gli otto, dieci giorni diventi quasi angosciante, direi malsano, vivere a quei ritmi forsennati. Ti svegli alle prime luci. Spot check: ti butti per evitare la folla. Esci, colazione condivisa con dieci surfisti che si mangerebbero pure il tavolo. Ti abbuffi secondo la legge del più forte, ma intanto le onde continuano a srotolare perfette. Il tavolo dove si fanno colazione, pranzo e cena affaccia sullo spot e qualcuno urla: waaa, guarda quellaaaa…ma che destra sta facendo? Il cuore torna a battere forte, vuoi tornare là fuori. E così in loop fino al buio. La notte sei distrutto ma col rollio deciso della barca non sempre si riesce a dormire bene, la mattina seguente però la sveglia suona e tu vuoi essere il primo della banda a guadagnare la lineup. Dieci soldati in missione.
I dieci partecipanti al surfcamp delle Maldive erano stati selezionati da Roby D’Amico per essere allenati nel corso del viaggio, ogni sera prima di cena abbiamo svolto delle sedute di video analisi individuali e dedicate. Durante il giorno Tommy si divideva tra filming e foto più di stile. Ho ascoltato e seguito attentamente i suggerimenti che Roby offriva ad ogni collega surfista, è stato davvero formativo. Nonostante avessimo tutti un livello differente, c’è sempre stato da imparare. Devo dire che Roby è veramente bravo nella fase di video analisi e soprattutto nel trasmettere le correzioni con un linguaggio adeguato alla conoscenza del suo interlocutore.
Siccome siamo amici e sono oltretutto noto per avere la faccia come il culo, di tanto in tanto ho chiesto a coach Roby di dare un’occhiata anche alle mie onde. Mi ha spiegato cose che magari sapevo anche, ma che non ero mai riuscito a mettere a fuoco veramente bene. Vi riassumo alcuni aspetti salienti tratti dai consigli che ho ricevuto durante il surfcamp alle Maldive con Roofless.
Scegliere la giusta linea sull’onda
Nella prima fase della curva d’apprendimento un surfista deve concentrarsi sulla lettura del mare per imparare a capire come anticipare un set e dove remare l’onda. Quando decidere dove posizionarsi nella lineup diventa quasi automatico, si passa allo step successivo: come valorizzare quell’onda che ho anticipato e remato nel punto giusto una volta che sono in piedi sulla tavola? Bisogna trovare la linea migliore piazzando le manovre nel momento e nel punto giusto dell’onda. Roby mi ha fatto notare un mio errore tipico che consiste nel pompare su sezioni che invece avrei dovuto attaccare optando per un bottom profondo eseguito per perdere velocità anziché cercare di incrementarla. Così facendo poi, se buchi il primo appuntamento col lip è altamente probabile che perderai tutto il timing sull’onda, perché sarai sempre troppo veloce e lontano dal pocket, la “tasca” dell’onda, quella sezione ripida che corre affianco alla schiuma.
In Italia è molto complicato affinare questa capacità perché anche un buon surfista è spesso costretto a spendere il 70% dell’onda pompando per creare velocità. In una situazione come quella dei video si possono invece fare passi da gigante, soprattutto se avete la fortuna di essere filmati e di poter ricevere le correzioni di uno come Roby. Ma non perdiamo le speranze: state certi che chi impara a tirar fuori il massimo da un’onda italiana corta, moscia ed irregolare avrà molta più facilità a gestire le session in Oceano.
Non dimenticarti di respirare
Io purtroppo sono consapevole di andare in apnea durante certi esercizi fisici, e tu? L’avevo confessato anche a Nicoletta Romanazzi, mental coach e facilitatrice di respiro, chiedendole consiglio su come evitare questa cattiva abitudine. Quando affronto un’onda potente, che nella mia testa vorrei spaccare, finisco per contrarre i muscoli e trattenere il respiro. Nel corso del surfcamp alle Maldive Roby se n’è accorto: “Lo vedi che sei tutto schiacciato? Sei sempre carico, lavori solo di forza. Prova a sentire il respiro, scarica la tensione, apri le braccia e distendi il corpo”. Un altro problema correlato al brutto vizio di trattenere il respiro viene fuori durante i wipeout, perché entro nella lavatrice subacquea già con il serbatoio d’ossigeno in riserva. Ne sono consapevole e questo mi dà meno fiducia anche quando c’è da osare, magari tentando di infilarmi in uno scoppione.
Compressione e distensione: il surf sui rail mi ricorda lo sci
Rimanendo sempre carico non riesco quasi mai a dare aria ai movimenti, ad alleggerire la pressione sulla tavola per lasciarla scorrere più veloce. Manca il cambio di marcia, soprattutto quando arriva il momento di ingaggiare i rail. Per fare un esempio pratico mi viene in mente un cutback roundhouse in backside. Proviamo a dividere i vari movimenti:
- Scendo verso la base dell’onda morbido e leggero
- Entro nel bottom schiacciando sul rail dei talloni e ruotando la parte alta del corpo per puntare in direzione del punto in cui eseguirò la curva
- Nella transizione dal bottom al punto dell’onda in cui eseguirò la curva alleggerisco leggermente, distendo il corpo scaricando la pressione sulla tavola, senza esagerare perché devo essere pronto a cambiare bordo
- Arrivo in cima, sposto il peso sul rail delle punte e ruoto la parte alta del corpo rivolgendo lo sguardo verso il punto della schiuma dove andrò a chiudere il roundhouse
- Di nuovo nella transizione alleggerisco, sposto il peso sul piede dietro e mi preparo al rimbalzo sulla schiuma
Quante volte nello spazio di una sola manovra avremmo dovuto lavorare sull’asse verticale, caricando e scaricando il peso del corpo dalla tavola? Compressione e distensione, di continuo. Quando Roby me l’ha fatto notare ho sorriso, perché ho lo stesso problema sugli sci: entro in curva già schiacciato, perché stare basso mi dà sicurezza, affondo gli spigoli ma non alleggerisco mai nella fase di transizione tra una curva all’altra. Quindi se avete il mio stesso problema, ricordatevi che sì nel surf sono fondamentali le rotazioni laterali – usare bene il busto, le braccia e girare la testa -, ma esiste anche tutto il mondo dei movimenti sull’asse verticale. Un elemento in più a cui pensare. In bocca al lupo!
Non abbiate paura di scegliere tavole abbondanti
“Foam is your friend” è la frase che come il nero sta bene con tutto. Non guasta ripeterlo anche qui, in quanto su consiglio di Roby dal secondo giorno del surfcamp alle Maldive ho praticamente smesso di usare una tavola che per me era troppo piccola. Non la usavo da un po’, non la uso quasi mai in Italia. L’anno scorso sempre alle Maldive andò bene, ma ero qualche kg in meno di adesso. “Leo e Kanoa surfano intorno ai 30 litri e pesano 75/80 kg” mi diceva Roby, che come me pesa sui 90 chili. Il mio shortboard per le onde buone solitamente è 19 1/2 x 2 1/2, ma con un groveler (5.10 x 19 7/8 x 2 5/8) mi sono trovato molto meglio. Un altro problema individuato da Roby nel mio quiver è che nonostante misure, forme e lunghezze diverse, sia la OG Flyer (il mio standard shortboard) che la Rocket Wide (il mio groveler) hanno un profilo troppo piatto, sono tavole diverse ma entrambe essenzialmente senza rocker.
Di solito quando parto per dei viaggi in Oceano Indiano per sopperire porto una Lost Pocket Rocket Round 6.4 come step-up. Stavolta guardando alle previsioni ho deciso di partire solo con OG Flyer 5.11 e Rocket Wide 5.10, più una selezione di tavole alternative sviluppate con MF Surfboards di Matteo Fabbri. Ma di questo vi parlerò in uno dei prossimi articoli. Quindi ricordatevi che un po’ di polistirolo in più sotto al petto non fa mai male.
Intanto spero che aver messo a nudo tutte le problematiche individuate da Roby D’Amico nel mio modo di surfare durante questo surfcamp alle Maldive possa esser stato utile. Magari alcuni si ritroveranno nei miei errori, che a volte sono molto comuni. È stato stimolante partecipare da infiltrato alle video analisi di Roby e sappiate che da oggi è in calendario un nuovo appuntamento per un training camp intensivo ad Alaia Bay. Stavolta ci alleneremo quasi esclusivamente nei tubi della wavepool svizzera. Tutte le informazioni sono sul sito di Roofless.