Oggi sono tornato a surfare nell’Oceano in Portogallo e tra un set e l’altro cercavo di fare ordine sull’esperienza di Alaia Bay. Sono un surfista che ha girato tanti posti, affrontato condizioni anche impegnative ma di certo non mi reputo al di sopra della media italiana. Vorrei condividere con i lettori di Tuttologic Surf alcune riflessioni sul mio primo giro in una vera wave pool.
Feeling e tipologie d’onda
L’onda artificiale progettata da Wave Garden mi ha lasciato un paio di spunti su come mettere a posto alcuni aspetti del mio surf. Non ci crederete, se ci penso faccio ancora fatica io a realizzare, ma uno dei due output di cui vorrei parlarvi viene da Candice, una delle persone addette a seguire la session coordinandosi via radio con la sala di comando. Ad Alaia surfi partendo vicino al muro dominato da un maxischermo stile calcio, dove puoi guardare mentre remi per tornare sul picco e scuotere la testa per la delusione di rivedersi in video. Candice in particolare, questa ragazza svizzera, mi ha detto quanto probabilmente sapevo già: stai più basso sul takeoff, schiaccia la tavola sotto il backfoot per assorbire meglio la partenza dell’onda ripida. L’altro aspetto tecnico che sono riuscito a mettere a fuoco durante le 3 session (2 expert, 1 pro) a cui ho partecipato su gentile invito di Alaia è la lettura del tubo.
Ragazzi le onde marchiate con la B di Barrel all’inizio fanno veramente un tubo più largo che alto, una follia partorita da qualche ingegnere fluidodinamico immaginiamo. Delle diavolerie tecnologiche dietro il motore del “paese dei balocchi” aka Alaia Bay vi diremo di più in un podcast con Giovanni Piro, ingegnere e surfista sardo a capo delle surfing operation dell’impianto di Sion. Questa cosa dei tubi è senza senso, mi ha divertito più di ogni altra cosa. Per le manovre ho avuto difficoltà e sin dalla prima onda mi sono sentito fermo, lento e pesante in uscita dal bottom turn. Un signore del Canton Ticino sulla cinquantina abbondante, avido frequentatore di Alaia, mi ha dato una spiegazione plausibile del perché: “Anche se l’onda procede in avanti, devi capire che rimane un’onda statica. Non c’è la spinta dell’Oceano che ti butta in giù sul bottom, qui se vai dritto verso la riva deceleri molto più velocemente. Pensala come una rampa da skate”. In qualche modo mi torna, non so se sia scientificamente così ma sicuramente rende l’idea. Ho provato la sensazione descritta dal simpatico signore con dei lunghi capelli argento e dal fisico ancora tonico. In backside comunque peggio che in frontside, al netto di un errore congenito che faccio fatica a correggere: tanto peso sul piede dietro nella transizione dal bottom al lip. Naturalmente vedere Leo Apreda è un altro tipo di spettacolo, sembra telecomandato: dove io facevo a stento 2 manovre, lui ne incastrava 4. 30kg di differenza e tanto talento dalla sua.
Consiglio 1: quale onda scegliere
Quindi primo consiglio se siete al livello prenotate delle session da Expert a salire, lanciarsi nel tubo della tipologia di onda B è la cosa più divertente che possiate fare. Se invece siete beginners oppure state imparando / sapete già come tagliare l’onda e provate ad impostare le prime curve, una session ad Alaia potrebbe farvi fare un vero salto in avanti. Ho osservato persone che si trovavano per la prima volta a tagliere l’onda in un ambiente controllato, provando a leggere la linea per capire dove pompare e come farlo. Sono sicuro che sarebbe una svolta. Me l’ha confermato Andrea Lamorte, head coach di Roofless ed ottimo surfista che è stato il primo ad organizzare dei camp mirati ad Alaia: “Quando porto su delle persone di livello intermedio lavoriamo per obiettivi, è utilissimo poter ripetere un gesto eliminando le difficoltà situazionali che incontreresti in mare”. Un consiglio utile anche per i surfisti più avanti: “Non pensate di potervi allontanare troppo dal pocket, se non insisti con curve vicino alla schiuma perdi subito velocità fino addirittura ad uscire dall’onda”. Ha ragione Andrea, è successo anche a me di dire: ok adesso faccio solo una curva in fondo forte e veloce, traccio alto come farei in Oceano poi prendo le misure per bottom e risalita verticale sulla sezione che viene incontro. Un paio di volte l’onda mi è passata sotto, sono rimasto a piedi.
Attrezzatura e scelta tavola
Veniamo adesso all’attrezzatura, croce e delizia delle nostre uscite in mare. Sono arrivato in Svizzera con due alternative: Al Merrick Rocket Wide (5.10 x 19 7/8 x 2 5/8 – Vol. 33.4 lt) ed Al Merrick OG Flyer (5.10 x 19 ½ x 2 ½ – Vol. 31.0 lt). Peso 87/88kg e sono alto 1.79cm, del mio livello ho già parlato: esperienza di tanti anni, qualche curva e molta legna. Preciso inoltre che la Rocket Wide, la seconda che posseggo in vita mia, è arrivata l’ultimo giorno utile dopo ben 8 mesi di attesa. Un altro importante capitolo che approfondiremo presto con un’intervista esclusiva al boss di Olatu, l’azienda europea leader nella costruzione di tavole da surf e che produce Pukas, Al Merrick, Lost e tanti altri marchi in cima alla lista dei nostri desideri. Ero curioso e motivatissimo a provare la nuova Rocket Wide, nella prima session Expert in backside mi è parsa più lenta del previsto. Galleggiava benissimo nonostante l’assenza della componente salina nell’acqua, che come sapete aiuta a tenerti su, risultava veloce in partenza ma non abbastanza viva nei cambi di direzione.
Bene invece nel mantenere la linea tracciata per il tubo, stabile e fortemente assestata sul rail interno. Stesso feeling riportato in frontside con qualche miglioria nei tentativi di attacco al lip. Comunque nulla in confronto alle difficoltà che ho avuto quando mi è venuta la malsana idea di testare la OG Flyer nella session Pro. La Flyer per me è la tavola delle giornate buone in Italia e per quasi ogni giorno in Oceano. È stato un disastro. Sull’altare di questa recensione ho sacrificato la session Pro perché di fatto ero al 50% delle mie possibilità con l’altra tavola già al calduccio in macchina. Nelle foto qui sotto la dimostrazione di quanto raccontavo: session Pro di notte con OG Flyer.
Consiglio 2: che tavola portare ad Alaia Bay?
Quindi secondo consiglio, spassionato e dal profondo del cuore, soprattutto se siete come me surfisti pesanti e magari potenti, ma comunque pesanti, portate le tavole più voluminose che abbiate a disposizione. Ovviamente senza rinunciare alla performance, ma trovando il giusto compromesso per avere sotto i piedi un bel litraggio.
Informazioni bonus Alaia Bay
Alcune curiosità random, in attesa dei 2 podcast registrati ad Alaia con il fondatore Adam Bonvin ed il surf operation coordinator Giovanni Piro:
- L’Italia è la seconda nazionalità più rappresentata ad Alaia, subito dietro alla Svizzera. Il mercato dei surfisti italiani è molto importante per la prima wave pool dell’Europa Centrale.
- Abbiamo surfato 2 session su 3 di notte, fa un effetto strano ma se vi capita è da provare. Di giorno ti senti più a casa, di notte l’esperienza è ancora più particolare. L’acqua il 2 ottobre era già a 17 gradi, un discreto freddo. Considerate che uno specchio d’acqua così piccolo si scalda e si raffredda molto velocemente.
- Nelle session col tubo è possibile indossare un casco, la Candice di turno vi inviterà a farlo per evitare botte e contusioni. Giovanni Piro mi raccontava che sono molto frequenti i tagli da pinna: confermo che l’onda a tubo è sorprendentemente potente e dove si crea lo slab l’acqua è bassissima, circa mezzo metro. Fa ridere vedere tutti i caschi allineati sul muro affianco a cui si rema per prendere l’onda. Si va in guerra.
FAQ Alaia Bay
Quanto costa una session?
Il costo varia dai 109 ai 149 franchi svizzeri (1 franco svizzero = 0.93 euro al 6 ottobre 2021) a seconda del periodo dell’anno o della settimana. Nei weekend, cioè quando la maggioranza di noi lavoratori potrebbe andare, si pagherebbe ad oggi ancora 138,40€ a session. Con l’arrivo dell’inverno i prezzi sono destinati a calare.
Come raggiungo Alaia Bay?
In macchina, attraversando il passo del Gran San Bernando (ticket da 44.60€) andata e ritorno, oppure in treno con l’Eurocity da Milano a Sion (2.27h di viaggio). La soluzione in treno è molto comoda, se avete la possibilità di raggiungere Milano partendo col treno dalla vostra città di residenza. A Sion c’è anche un aeroporto ma non abbiamo verificato con quali città italiane sia collegato.
Quali altri costi dovrò sostenere?
La Svizzera è un paese caro, mettetelo in conto. Un esempio stupido: dopo la session dalle 20 alle 21 non trovavamo dove mangiare perché tutte le cucine erano già chiuse, quindi siamo finiti al Burger King. Un menu grande, chicken wings e dolce Oreo 30 franchi. Stesso ordine in Portogallo, 13,80€. Il cibo è caro, da dormire è caro, dentro Alaia si mangia benissimo (lo staff di cucina e sala è tutto italiano) e con una super vista, c’è perfino una cantina per la selezione dei vini, ma per una Margherita si spendono 15 franchi ed una pizza un minimo più elaborata costa 22/25 franchi. Non è un caso che ristorante e servizi collaterali alla wave pool incidano per almeno il 50% del fatturato di Alaia Bay. Tenetelo presente e fatevi i vostri conti.
Conclusioni
Permettetemi intanto di ringraziare Alaia Bay per averci offerto la possibilità di 6 session (3 surfate da me, 3 da Leo Apreda) di test, un lusso concesso a pochi finora. Ci impegniamo sempre ad avere un atteggiamento schietto e sincero nei confronti della community, perciò mi sento tranquillo nel dire che se avessi dovuto personalmente sborsare 420€ per 3 session al termine del weekend sarei rimasto nel limbo del “potevo forse farne a meno?”. Provare una session sarebbe comunque poco, quasi inutile, andare in acqua 2 volte è la cosa giusta perché con la prima prendi le misure e nella seconda vai più sciolto. Consiglio se possibile di ripetere la stessa session, Expert, Advanced o Waikiki che sia. Surfare in una wave pool di Wave Garden è un’esperienza da provare, il contesto è incredibile e comunque vi capiterà di provare sensazioni che altrimenti non percepirete mai nel surf in mare. Se avete voglia di novità oppure di lavorare su qualche particolare del vostro surf andate, sarà sicuramente utile. Ho dubbi invece sul tornare, io non credo lo farei, anche se mi hanno raccontato le persone intervistate nel podcast che la media di session per surfista è molto altra. Un dato che sottolinea una certa tendenza per gli avventori di Alaia Bay a tornare per gettarsi tra le onde d’acqua dolce.
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