Ieri sono andato a dormire con le prime immagini delle ruspe che spingono degli enormi massi già dalla scogliera di Uluwatu, uno dei surf spot migliori al mondo. Per qualità dell’onda, per l’energia e la carica mistica che trasmette, per il contesto naturalistico di una bellezza sconvolgente. Ma osservando queste immagini su Instagram non c’è più spazio per sentimenti positivi, provo solo stupore e dispiacere. Poi sopraggiunge lo sdegno: come si fa a commissionare un’opera del genere? Stanno davvero deliberatamente distruggendo un paradiso?
Dal 2016 al 2019, per quattro estati consecutive, ho passato la mia estate in Indonesia, fermandomi sempre per almeno un paio di settimane a Bali. Alloggiavo esattamente lì, nel parcheggio dei motorini di Uluwatu, da Mama Putu. Uluwatu è lo spot dove ho surfato più session all’estero, ho dei ricordi indelebili legati a quel luogo: i primi carve in frontside con un certo feeling, i primi tubetti a Racetracks (esiste tubo più semplice?), le prime bombette all’Outside Corner. E le feste al Single Fin la sera, condividendo Bintang con compagni di viaggio e sconosciuti, affrontando quelle serate sul tetto della scogliera con lo spirito dei re. Tutto era magico. La prima volta che sono arrivato nel Bukit avevo 23 anni, viaggiavo da solo. Un giorno magari tornerò, ma ho paura di macchiare il ricordo. Chi è stato di recente e già frequentava, mi racconta di una situazione che si deteriora di anno in anno. Per mille motivi.
Il coinvolgimento di alti funzionari e politici di Desa Pecatu, il villaggio dei ricchi.
E adesso questo: i lavori per la messa in sicurezza del tempio di Uluwatu, che sorge un paio di chilometri a sud rispetto alla grotta d’ingresso allo spot. A questo punto abbiamo tutti visto le immagini delle ruspe ma non sappiamo esattamente cosa stia succedendo. Nessuno infatti ha ancora scritto della vicenda in Italia, mentre si possono trovare informazioni sui media internazionali (soprattutto di surf). Come riferimento prendiamo ancora una volta Stab, che solo per gli utenti Premium ha pubblicato un approfondimento dettagliato sui lavori di Uluwatu. L’articolo si basa su informazioni apprese da autorevoli fonti locali, che però hanno chiesto esplicitamente di rimanere anonimo. E questo è un primo importante indizio: il progetto che riguarda la messa in sicurezza del Tempio di Uluwatu e la costruzione di una strada di ai piedi della scogliera è fortemente sponsorizzato da potenti funzionari e politici di Desa Pecatu, il villaggio più ricco di Bali. Stando a quanto raccolto da Stab, queste persone hanno stretti legami col governo balinese. Ma hanno anche una strategia politica sofisticata.
Se sei contro il progetto, sei contro la religione. Chi si oppone pubblicamente rischia la prigione.
“La situazione è delicata perché i promotori del progetto stanno facendo leva su temi sensibili come religione e cultura. Vogliono far passare l’idea che se sei contrario al progetto, ti stai schierando contro la protezione del patrimonio culturale di Bali”. Questa è la traduzione di una delle testimonianze chiave raccolte da Stab, che è in contatto con diversi abitanti del Bukit. Non tutti sono d’accordo ovviamente, alcuni locali hanno letto tra le righe della strategia politica di chi sta portando avanti il progetto, ma esporsi pubblicamente contro i lavori in corso a Uluwatu può esporti al rischio di finire in prigione. Il governo indonesiano non fa sconti. Ad una cittadina straniera, nota influencer, è successo ad esempio di ricevere visita dalla polizia nella sua abitazione. Le hanno chiesto conto di un post di critica pubblicato sulla vicenda, costringendola successivamente ad eliminarlo. Non solo: è stata anche obbligata a pubblicare delle scuse ufficiali.
Nessuno ha nemmeno potuto provare a fermarli anche perché i primi render sono diventati pubblici quando era già tutto deciso, quando le ruspe ormai erano già in moto. I lavori di Uluwatu sono partiti all’improvviso, il progetto è stato architettato alle spalle di tutti, nell’ombra. Era di dominio pubblico la notizia che dal lontano 1992 il Tempio di Uluwatu fosse a rischio per via delle crepe che si erano formate nella scogliera a seguito di uno dei tanti e potenti terremoti che regolarmente colpiscono l’isola, ma nessuno si aspettava che insieme ai lavori di messa in sicurezza sarebbe stata proposta la costruzione di un’intera strada asfaltata e protetta da frangiflutti. E veniamo al dunque: a cosa porteranno i lavori di Uluwatu?
Una strada carrabile a protezione della scogliera di Uluwatu e del tempio.
Attualmente i mezzi pesanti in azione stanno preparando il terreno per una strada asfaltata che dall’interno del Bukit, poco più a sud di Ulu Surf Villas e del Ritual, raggiungerà la scogliera di Uluwatu. La nuova strada dovrebbe a quel punto scendere al livello del mare e seguire la costa fino al tempio. Ovviamente per proteggere la strada (e la scogliera) dalle mareggiate, verranno costruiti dei frangiflutti, che poggeranno direttamente sul reef (abitato da dugongi e squali che qui si riproducono). La nuova strada del Tempio di Uluwatu raggiungerà il mare in un punto più a nord rispetto anche all’ultimo break dell’onda di Uluwatu, Temples. Le onde di Ulu quindi non dovrebbero essere direttamente toccate dall’opera, ma attenzione agli effetti secondari. È possibile infatti che una volta finita l’opera, nell’area circostante si generino nuove correnti e l’inevitabile backwash (risacca) derivato dall’urto delle onde contro i frangiflutti.
Il precedente sulla costa est di Bali: Nikkos, l’onda che non c’è più.
Come scritto in apertura, sono sempre stato a Bali d’estate. Mai in off-season, quando ad attivarsi sono gli spot della costa est. Non ho mai surfato Keramas, che d’estate ha i suoi momenti soltanto la mattina all’alba, a volte, con assenza di vento. Non conoscevo il triste epilogo dell’onda di Nikkos, presentato da Stab come sinistro precedente. Nel 2016 per proteggere un resort di lusso sulla costa di Nusa Dua venne costruito un molo che tagliava perpendicolare la lineup di Nikkos, una destra worldclass che potete ammirare qui sotto. Fa male vedere il confronto tra la foto dello spot prima dei lavori e dopo i lavori. Qui tutta la storia di Nikkos.
Siamo solo spettatori di un processo che, in fondo in fondo, non ci riguarda.
Il primo surfista a portare alla luce l’onda di Uluwatu nel 1971 fu un signore australiano di nome Albert Falzon, regista del film “Morning of the Earth”. Nel 1974 Gerry Lopez surfava la sinistra di Racetracks in “Chasing the Lotus”. Un australiano e un hawaiano hanno dato il primo impulso al turismo del surf a Bali, che è ormai vicino al collasso. Come già ampiamente scritto prendendo in esame il caso a noi geograficamente più vicino del Marocco, il turismo del surf ha tanti risvolti positivi (economici e sociali) e purtroppo anche delle ricadute negative (ambientali e sociali). Non possiamo noi viaggiatori decidere per i legittimi “proprietari” di una splendida terra arricchita da onde incredibili, in questo caso i balinesi.
Bisogna considerare anche le difficoltà oggettive che il Bukit vive per soddisfare un numero sproporzionato di turisti. Ci raccontavano che siccome l’acqua scarseggia nelle aree di Padang Padang, Bingin e Uluwatu, molte delle grandi attività comprano l’acqua da Denpasar per riempire delle cisterne d’emergenza. L’acqua arriva con dei camion, ingolfando ulteriormente il traffico.
Ovviamente è nostro diritto commentare, indignarci, cercare di capire, sollevare il problema affinché se ne parli e se ne discuta apertamente, come dovrebbe sempre accadere quando sono in ballo gli interessi di così tante persone. Ma in fondo la decisione spetta agli abitanti di Bali e soltanto a loro.