Le Olimpiadi sono l’evento per eccellenza e quest’anno il surf era una delle discipline più attese ai Giochi. Le aspettative altissime che tutti avevamo non sono state rispettate. Vuoi per la scarsissima attenzione dedicata dalle televisioni, vuoi per la delusione di non vedere il nostro Leo poter combattere per una medaglia, mettiamoci anche che le condizioni del mare hanno giocato un brutto scherzo agli appassionati ed il piatto è servito. Ma quindi l’esposizione mediatica dei Giochi, è servita a qualcosa?
Proviamo a ripercorrere la storia partendo da lontano, dal momento in cui la Francia ha scelto Tahiti come campo gara per il surf alle Olimpiadi.
Ci portiamo il pallone da casa e le regole le facciamo noi.
La scelta di gareggiare dall’altra parte del mondo è stata contestata fin dal primo momento in cui è stata annunciata. Quando la presenza del surf è stata riconfermata anche per Parigi 2024, ad Hossegor hanno iniziato a sfregarsi le mani. I locali delle Lande però non avevano fatto i conti con il CIO. Orgogliosi come non mai e colti da una malinconia spropositata, i francesi hanno deciso di ricordare al mondo il loro passato da conquistatori e colonizzatori scegliendo una comunità d’oltremare come location per la gara di surf.
In quel momento il pensiero comune di tutti gli esperti ha tuonato all’unisono: “Piazzeranno in squadra due surfisti locali per portarsi a casa le medaglie d’oro.”
Teahupo’o infatti come abbiamo già specificato nei precedenti articoli, è un’onda molto complicata che in qualsiasi condizione tende a favorire i surfisti che sono nati e cresciuti lì. Lo abbiamo potuto sperimentare nelle gare del CT dove le wildcard sono riuscite a sterminare orde di surfisti esperti.
Ma alla fine, il gioco è valso davvero la candela?
Su 6 potenziali medaglie disponibili la Francia ne ha portate a casa solo 2. Vahine Fierro, favorita tra le donne, è uscita alla seconda heat in uno scontro fratricida con la terza classificata Johanne Defay. Kauli Vaast, local di Teahupo’o invece, dopo un tabellone poco impegnativo si è trovato a combattere per l’oro contro un vero e proprio osso duro.
Almeno la location ha ottenuto una grande visibilità ed il turismo polinesiano ne trarrà grande beneficio. Vero?
No, per niente. Di Tahiti si è visto poco e nulla. Nessuna immagine particolare trasmessa, nessun documentario o spot mandato in onda durante le noiosissime dirette piene di momenti morti. Niente di niente. La promozione turistica e culturale della destinazione non è passata nemmeno per l’anticamera del cervello al governo francese, eppure era proprio quello uno dei motivi (a detta del CIO) che aveva portato a scegliere la Polinesia come location. Tahiti ma soprattutto il surf sono stati oscurati in maniera quasi totalitaria dalle condizioni meteo non eccelse e da una fotografia divenuta virale che con il surf e con Teahupo’o non aveva niente a che vedere.
“La foto di Gabriel Medina è stata il simbolo di queste Olimpiadi.” (Per due giorni. Fino all’inizio delle gare di atletica leggera)
Sembrava che la medaglia d’oro fosse solo un piccolo dettaglio di fronte a quella foto. Un tassellino mancante per consacrare il successo del surfista brasiliano ai Giochi. Dopo quello scatto, realizzato dal fotografo francese Jerome Brouillet, il mondo intero dava per scontato che a vincere sarebbe stato proprio lui. Sotto ai post che celebravano l’impresa (quale fosse l’impresa da celebrare onestamente ci sfugge) gli ignoranti che si sono avvicinati al surf durante le Olimpiadi commentavano quel gesto come spettacolare ed incredibile.
La realtà è che nessuno che mastica un minimo di surf penserebbe minimamente di osannare una manovra come il kick out. Infatti di tutti i fotografi di fama mondiale presenti a Teahupo’o, nessuno ha pensato di scattare o di postare quella foto e l’ha inizialmente scartata. Gabriel Medina invece tra le tante a sua disposizione ha scelto proprio quella, perfetta da mettere in combo alla solita citazione biblica che compare in ogni suo post. Di lì a poco sarebbe divenuta virale portando al fotografo che l’ha scattata la bellezza di +200mila follower ed al buon Gabriel quasi 2milioni. Nemmeno il tempo di capire per cosa stesse esultando Medina che i meme già impazzavano on line.
Siamo sicuri che Medina se potesse tornare indietro nel tempo lo farebbe. Quella foto non ha portato fortuna al brasiliano, anzi, per rimanere in tema religioso, è stata una vera e propria croce da portarsi sulle spalle. Alla fine dopo una semifinale da dimenticare, conquisterà all’ultimo respiro un bronzo dal sapore amarissimo e pieno di rimpianti.
Ma torniamo allo scatto che, secondo alcuni è la foto piu iconica della storia delle Olimpiadi e cerchiamo di analizzare alcune delle motivazioni che lo hanno definito tale.
“Immortala un momento di gloria.” Ma in realtà non ha ne celebrato una vittoria di una medaglia né l’onda da cui è scaturita l’esultanza che è valsa il passaggio del turno. Avrebbe comunque vinto la sua heat.
“È un segnale di libertà e di ribellione.” Verso chi? Non ha messo in risalto nessun fatto politico, al massimo religioso.
“Un gesto tecnico degno di nota, un’acrobazia incredibile del brasiliano Medina.” Non immortala un gesto atletico degno di nota né esalta la bellezza del nostro sport. Il kick out non viene mai preso in considerazione da nessuno e non si vede nemmeno l’onda da quella prospettiva. A posteri, se avessimo saputo il finale in anticipo, probabilmente il pubblico di massa che l’ha resa celebre non gli avrebbe dato così tanta attenzione. Probabilmente, se il pubblico generalista avesse capito realmente il surf, non si sarebbe meravigliato così tanto per quella foto.
Cosa ci rimane dunque?
Un bel niente. Trascorsi soli due giorni da quello scatto la maggior parte delle persone che l’hanno condivisa si era già dimenticata del surf e di Gabriel Medina. L’atletica leggera è tornata a regnare sovrana e le attenzioni si sono nuovamente spostate nei pressi dello stadio e dei palazzetti di Parigi. Ah, la foto virale del momento è quella di Thomas Ceccon, Oro Olimpico del nuoto azzurro che dorme sotto ad una panchina in un giardino pubblico.
Il surf ne esce come uno sport noiosissimo da seguire, poco televisivo e con appeal solo per i conoscitori. Di questo passo il surf continuerà ad affascinare il pubblico generalista senza conquistarlo mai veramente. Intanto è arrivata la conferma per altre due edizioni delle Olimpiadi: LA2028 e Birsbane 2032. Come andrà a finire?