Quali sono le prospettive per il futuro del surf italiano? Non parlo stavolta di movimento e cultura, non sto mettendo in dubbio la forza di una comunità di appassionati sempre più solida e consapevole, mi preoccupo del futuro del surf italiano in termini di risultati sportivi. Dal 2017, anno in cui il surf (o surfing, come si dovrebbe dire) è entrato nella Fissw, abbiamo sempre avuto la stella polare di Leonardo Fioravanti come riferimento assoluto. Un bel lusso. Guardando la vicenda dalla prospettiva opposta, si può tranquillamente dire che anche Leo, così come tutti gli atleti di interesse nazionale (in particolare i junior), abbia beneficiato di un supporto senza precedenti, arrivando nell’ultima stagione a centrare la top 10 del mondiale WSL. È un meccanismo che si autoalimenta: la Fissw non sarà spacciata senza Fioravanti e Fioravanti probabilmente avrebbe raggiunto questi risultati anche senza la Fissw, ma per avere credibilità e rispetto abbiamo bisogno di mantenere una posizione nel World Championship Tour.
Il livello del campionato giovanile nazionale
Nelle ultime settimane ho approfittato delle due gare del circuito italiano giovanile che si sono disputate a Banzai, prima sull’onda sinistra e poi sulla destra, per andare a vedere personalmente quale sia lo stato di salute del movimento sportivo del surf italiano. Avevo già visto degli scampoli di gara, non ero mai stato invece lì dall’inizio alla fine dei due giorni di competizione. Ho incontrato tante facce note, soprattutto tra gli under 18, ragazzi come Brando Giovannoni o Rufo Baita che si giocavano testa a testa l’ultimo possibile titolo di campione italiano della loro carriera da junior.
Conoscevo meno gli under 16 nati e cresciuti in Italia perché tolto Michele Scoppa che domina in lungo e largo, gli altri due titolari della nazionale vivono all’estero: Alberto Barzan e Leo Apreda. Anche in questa categoria c’è tanto talento ma quando un agonista arriva a 16 anni, i tecnici iniziano a tirare delle conclusioni. Il momento di spiccare il volo per Michele, Alberto e Leo è adesso. Sugli under 14 non posso esprimermi perché non ho abbastanza elementi, quello che so lo devo alle analisi di esperti osservatori. Segnaliamo sicuramente Francisco Anglani Cornielle, per tutti Kikko, che per inseguire il sogno di una carriera da surfista professionista si è trasferito in Portogallo con suo papà Fabrizio. Negli ultimi due anni ha effettivamente avuto una crescita esponenziale, è un ragazzo da seguire.
I super piccoli a Banzai destro: uno spettacolo che fa sperare per il futuro del surf italiano
Gli under 12 della categoria maschile sono una bella storia, mi hanno impressionato. Avevo surfato diverse volte con Rocco Rigliaco tra Portogallo ed Italia: @rockismo, il più piccolo della bellissima finale del Banzai Surf Clash nonché vincitore del contest, è già nei radar del surf mondiale grazie anche alla viralità dei contenuti social prodotti dai suoi genitori Alessandro e Caroline (il video di questo suo tubo ha totalizzato oltre 20 milioni di views). Michael Monteiro, Campione Italiano Under 12 del 2023, è un altro che non passa di certo inosservato. Ha un cognome pesante, da figlio d’arte: suo papà Mitu ha vinto tutto nel kite a livello mondiale, ma i motivi per cui Micheal merita di essere attenzionato non hanno nulla a che fare con questo. Ha fisico e tecnica, è un waterman alla John Florence o Kai Lenny, e me lo raccontano come un ragazzo con la testa sulle spalle, educato e sempre sorridente.
Dani Mereu sembra un surfista fatto e finito in miniatura, ha già le movenze e lo stile di un power surfer australiano, è un piacere guardarlo tracciare linee sulla parete dell’onda. Suo papà Fabio, per tutti Guveia, è persona rispettatissima nel surf sardo, una garanzia. Ho chiesto a Guve nel parcheggio di Banzai se stesse seguendo lui Dani a livello tecnico, dato che surfano sempre insieme in Sardegna: “Macché Leo no, io gli porto le tavole e gli preparo i panini”, la risposta di papà Mereu. Mi sono dilungato sul profilo caratteriale di atleti e genitori perché soprattutto in età così giovane, è fondamentale che al talento sia abbinata un’educazione esemplare. L’attitudine, la classe e le possibilità di Rocco, Michael e Dani ci fanno ben sperare.
Rocco, Michael e Dani
Un giovane surfista italiano che ambisca a fare strada come atleta in questo difficile mondo ha senza dubbio estrema necessità di allenarsi e viaggiare. Per questo poco fa ho scritto che le possibilità di surfare che per diversi motivi hanno Rocco, Michael e Dani mi fanno guardare con più ottimismo al futuro. Rocco Rigliaco, che adesso ha 10 anni, vive tra Bali e Cervinia e grazie a Quiksilver, sponsor con cui ha firmato quest’anno, potrà passare più tempo ad allenarsi tra Hossegor e Portogallo. Michael Monteiro (12 anni) fa base a Capo Verde, si sveglia tutte le mattine e può guardare l’Oceano Atlantico, non ha certamente i problemi che può avere un suo coetaneo nel reperire in Italia la materia prima fondamentale del surf, le onde. E Daniele Mereu (11 anni) invece è dei tre quello più svantaggiato sulla carta, perché passa la maggior parte dell’anno a casa, in Sardegna, forse l’unico luogo appartenente all’Italia dove un talento del surf può sbocciare. C’è poi un quarto under 12 da tenere d’occhio, anche lui italiano ma residente alle Canarie, che si chiama Samuele Agliani.
Dove le opportunità delle vita o le possibilità delle famiglie non possono arrivare, interverrà la federazione che già in questi primi 6 anni di lavoro (col covid di mezzo…) ha aumentato il numero e la qualità di training camp e raduni dedicati alla nazionale giovanile. Per questo abbiamo bisogno di Leonardo Fioravanti e di uno come lui quando (speriamo il più tardi possibile) smetterà, perché per attrarre maggiori investimenti la Fissw deve poter mostrare risultati, vittorie e classifiche a chi decide i budget dello sport italiano. Il futuro del surf italiano non possiamo prevederlo, ma abbiamo dei validi motivi per essere fiduciosi. Il lavoro continua, onda dopo onda.