È di nuovo il turno di No-Sponsor, che torna con una puntata speciale. Non che le precedenti non lo fossero, ma oggi per la prima volta in assoluto abbiamo due ospiti, e che ospiti: Guveia e Pejo, all’anagrafe Fabio Mereu e Paolo Caliman. Amici storici, veterani di riferimento per i surfisti sardi, accomunati da un’enorme passione per il surf e dallo stesso lavoro, compagni di viaggio e di session in solitaria tra le onde dell’amata Sardegna. Mentre chiacchieravamo, ho percepito sulla mia pelle il feeling che c’è tra di loro e questo mi ha particolarmente colpito: non è così scontato, specialmente al giorno d’oggi, trovare due persone che abbiano una rapporto del genere.
Sapete, io soffro di quella sindrome per cui quando devo salvare un nuovo numero in rubrica se non so nome e cognome il mio cervello non è contento, ma per Fabio e Paolo ho dovuto fare un’eccezione. Soltanto al momento di vederci su Zoom ho scoperto la loro vera identità. Sfatiamo quindi un mito: perché sono conosciuti come Pejo e Guveia? “C’era Fabio Gouveia, un surfista brasiliano molto forte, che quando era giovane assomigliava molto al mio amico”, dice Paolo Caliman aka Pejo. A proposito del soprannome Pejo invece non sono riuscito ad avere sufficienti informazioni, ma ce lo teniamo così com’è perché quelle 4 lettere ormai in Sardegna sono leggenda.
Come e quando hanno iniziato a surfare
Entrambi autodidatti, rammaricati comunque dal fatto “che se avessimo surfato con le tavole giuste adesso avremmo un livello più alto”, afferma Pejo. Con un passato da skater, Paolo Caliman, finite le scuole superiori entra nel mondo del surf grazie ad amici come Fabio: “Quando ho cominciato, Guve surfava già da qualche anno. Il movimento sardo è nato negli anni ’90, tra Buggerru e Capo Mannu“. Trascorrerà poi alcuni anni in Brasile, dal padre, dove ammette di aver imparato quel qualcosa in più. Delle sue origini da skater si è portato dietro qualche difetto di stile: “Nonostante fossero i tempi di Christian Fletcher, la mia posizione da skater e la fluidità richiesta sulle onde non andavano tanto d’accordo. Ho dovuto quindi decidere quale dei due portare avanti…”. Il resto è storia.

Domando a Guve come abbia iniziato a surfare. Mi dice che lui viene dal mondo del windsurf, che ha scoperto la tavola senza vela grazie ai magazine che ai tempi giravano e nei quali, ogni tanto, si trovava qualche pagina dedicata al surf da onda. “C’erano foto di surfisti liguri molto forti, tra cui i Fracas e alcuni local varazzini” – afferma Fabio. “Non ero a conoscenza del fatto che in Sardegna ci fossero onde adatte per surfare all’epoca. La prima volta che mi hanno portato a Capo Mannu non ci credevo: sono rimasto tutto il giorno fuori a guardare, incantato come un bambino. Il giorno dopo ho venduto tutta la mia attrezzatura da windsurf e ho comprato la mia prima tavola”. Pejo poi interviene sdrammatizzando “Pensate che la prima volta che sono avevo intenzione di surfare Capo Mannu non ho nemmeno trovato lo spot!”.

Il rapporto surf-lavoro
Abbiamo già detto ad inizio articolo che i due, oltre a essere compagni di surfate, condividono anche lo stesso lavoro. Mi raccontano che già da giovani si incrociavano spesso tra le sedi delle istituzioni sarde: uno impiegato per il Comune di Cagliari, l’altro nella Provincia. Il classico lavoro d’ufficio, quel famigerato posto fisso a cui ci hanno abituato a puntare, con il solito orario dal lunedì al venerdì dalle 09 alle 15: un po’ scomodo forse per poter seguire le mareggiate ed essere nello spot giusto al momento giusto.
Pejo spiega: “Le nostre vite sono state organizzate in funzione del surf. Abbiamo cambiato lavoro, in modo che ci consentisse di avere più giorni liberi da poter dedicare alla nostra passione”. Fabio poi interviene dicendo: “Avevamo bisogno di un posto lavorativo che ci permettesse di incastrare il lavoro con le previsioni delle onde, cambiando i turni di settimana in settimana“. Non a caso, infatti, i due veterani sardi ora lavorano entrambi in aeroporto: “Abbiamo una scheda dei turni che possiamo cambiare di mese in mese in base alle nostre esigenze”. Guve poi prosegue: “Siamo meteoropatici. Pianifichiamo sempre con le previsioni a lungo termine per poter incastrare un’alba qua, un tramonto là, in modo da surfare assieme”.
Influenze da altri sport
Mi ricordo poi che durante l’intervista mi è venuto in mente che un mio carissimo amico, di una famiglia di widsurfers agguerriti, mi ha sempre fatto notare come il windsurf ti dia le capacità per gestire la velocità sotto i piedi. Basti pensare che il massimo che sia mai stato raggiunto con la vela siano 52.05 nodi, circa 96 kilometri all’ora, una velocità che non penso sia raggiungibile con il surf da onda.
Chiedo quindi ai due che abilità abbiano ereditato rispettivamente dal windsurf e dallo skateboard. Inizia Guve: “Sicuramente dal windsurf ho preso l’acquaticità. Anche solo aver già acquisito confidenza con le onde, con le condizioni meteorologiche avverse e il mare invernale mi ha agevolato molto agli inizi”. Quindi Guveia aggiunge: “Di quello che ho ereditato mi tengo comunque più stretto l’amore per il mare e tutto ciò che lo circonda: dalla pesca al surf alle attività con mio figlio”. È il turno di Paolo detto Pejo: “In realtà dallo skate, oltre allo stance, mi sono portato dietro giusto l’equilibrio: salire su una tavola da surf infatti non mi è stato difficile, nemmeno all’inizio”. Ricollegandosi a quello che ha detto Fabio aggiunge: “Essendo una città di mare, Cagliari ha sempre abituato tutti ad avere un windsurf ed un trapezio in mano. In passato ho dedicato molto tempo anche al kite e devo ammettere che mi ha agevolato molto, soprattutto per quanto riguarda la posizione e la spinta delle gambe”.
I surfisti della Sardegna surfano in Italia?
Durante la mia recente permanenze in Sardegna ho conosciuto locals che mi hanno confessato di non aver mai surfato in Italia continentale. Penserete: ma come?!? In realtà, con la qualità e la frequenza di onde che si hanno in Sardegna, penso che nessuno di sana mente si scomoderebbe per prenotare un passaggio-ponte per un paio di session incerte in Liguria, ad esempio (nonostante sulle coste della penisola le mareggiate non manchino). Ho voluto quindi chiedere conferma ai due se effettivamente questa regola valesse anche per loro. Inizia Pejo “Non sono mai stato in Italia a surfare, nonostante abbia un sacco di amici sparsi per la penisola. Ci siamo sempre ritrovati tutti a condividere onde all’estero, tra Canarie ed Indonesia, oppure qui in Sardegna”. Fabio sottoscrive l’affermazione confidando di appartenere pure lui a questa setta di esclusiva matrice sarda. Paolo prosegue: “Bisogna anche considerare il fattore affollamento. Stasera sono stato un’oretta abbondante in acqua da solo, con onde veramente belle. Puoi capire, quindi, che quando viaggio la priorità non la ha sicuramente Varazze con 30 persone sul picco.” Fabio adesso vuole aggiungere: “La gente ci spinge a cercare spot magari più aggressivi e meno affollati, in modo da poter surfare in tranquillità”.

Sponsor o No-Sponsor?
In chiusura la solita domanda ghigliottina, quella che approverà se i due veterani sardi potranno essere promossi o meno. Inizia Guveia “Non ho un vero e proprio sponsor: mi supporta Wipeout Boardshop, siamo una famiglia da sempre e devo dire che mi aiutano molto”. Aggiunge poi con tono scherzoso: “Invece Pejo lavora proprio per altri eh!”. All’imputato il diritto di replica: “Sì, ho un rapporto storico con Xcel, di cui sono rappresentante per la Sardegna”. Inoltre, dal suo approdo in Europa, Pejo ammette di avere una collaborazione decennale anche con Channel Islands, a cui si aggiunge Creatures per completare un terzetto di supporters niente male. Che dite: promossi entrambi? Io Paolo lo lascerei fuori a sto punto, sperando non me la faccia pagare alla prossima avventura sarda.