Non è la prima volta che sentiamo parlare di un progetto wavepool in Italia. Stando a quanto proclamato negli ultimi anni a mezzo stampa da funzionari pubblici, comitati, associazioni e cordate societarie varie avremmo già dovuto avere almeno 3 o 4 piscine con onde artificiali disseminate sul territorio nazionale. L’ultima notizia arriva da Cagliari ed è stata messa in luce dal consigliere comunale Matteo Lecis Cocco Ortu: una wavepool al posto dell’Ippodromo del Poetto, ormai caduto in disuso. La proposta è stata accolta nella versione preliminare del PUC, il nuovo Piano Urbanistico Comunale del capoluogo sardo.
Siccome ad oggi la strada più veloce per infilarsi in un tubo d’acqua dolce attraversa ancora il passo del Gran San Bernardo e punta dritto a Sion, Svizzera, la sede di Alaia Bay, siamo andati a disturbare il Surfing Operations Coordinator della prima (e per ora unica) wavepool dell’Europa continentale: Giovanni Piro.
Giovanni è la persona più indicata con cui avere un confronto al riguardo perché oltre all’indiscutibile esperienza accumulata nei Wave Garden di Bristol e Sion, è nato e cresciuto a Cagliari. Risponde entusiasta al telefono: “Sono contento che dopo il mio sfogo di ieri via Instagram (Giovanni ha pubblicato alcune storie polemiche, ndr) mi abbiate chiamato perché vorrei chiarire innanzitutto un aspetto fondamentale: sarei strafelice se il progetto per una wavepool al posto dell’Ippodromo di Cagliari si realizzasse, è un sogno che coltivo da quando nel 2015 Kelly annunciò al mondo la sua piscina. Ho soltanto fondate perplessità sulla fattibilità di un’opera ingegneristica non indifferente in Italia, a Cagliari in particolare, e soprattutto nella zona dell’Ippodromo”. Secondo il punto di vista del manager di Alaia Bay rimangono ancora troppi punti da chiarire: “Una struttura Wavegarden con annessi i servizi necessari a farti rientrare dell’investimento costa sui 40 milioni. Pensate davvero che Comune e Regione possano sostenere una spesa del genere? Ma non scherziamo, le priorità sono altre”. Rimarrebbe comunque aperta la possibilità di una collaborazione pubblico-privata, soluzione complessa ma ipoteticamente percorribile. Giovanni controbatte: “Un privato chiederebbe garanzie, numeri su cui fare affidamento. Cagliari è collegata malissimo sia con il resto d’Italia che ancora peggio con le grandi città europee. Fuori stagione il turismo è scarso. Di surfisti ce n’è, quello non è un problema, ma arrivati poi al punto di spendere i propri soldi quanti sarebbero disposti a pagare 50, 60 o 70€ a session? E parlo già di prezzi calmierati su standard italiani, di certo non svizzeri (ad Alaia una session costa ben oltre i 100€, ndr)“. Siamo alle opinioni autorevoli e competenti, ma pur sempre opinioni. Giovanni Piro però sembra conoscere la zona dell’Ippodromo molto bene: “Te la descrivo per filo e per segno perché ci sono cresciuto, è un’area completamente degradata e lo sai chi ne ha fatto la propria casa in tutti questi anni di cattiva gestione? I fenicotteri, che vivono tra lo stagno di Molentargius e le Saline, il tutto a poche centinaia di metri dall’Ippodromo. Auguri con le associazioni ambientaliste, saranno sicuramente favorevoli al progetto”.
Siamo andati a studiare la situazione dei 6 Wave Garden attualmente operativi nel mondo ed i 3 di più recente apertura (Brasile, Corea del Sud e Australia), tolto Alaia Bay che conosciamo, sono stati costruiti da gruppi di investitori privati ed inseriti in progetti urbanistici con evidenti scopi di lucro. Praia da Grama è all’interno di una fazenda nel verde della periferia di San Paolo, in un comprensorio con proprietà di lusso e campo da golf, Wave Park in Corea del Sud è stato portato alla luce dal Daewon Plus Group, una grossa impresa edile che ha messo un Wave Garden come ciliegina sulla torta di Turtle Bay, complesso di strutture (alberghi, centri congressi e musei) da 2.37 miliardi di dollari.
Una parentesi utile a comprendere l’entità di opere urbanistiche a volte addirittura miliardarie. Ma torniamo a Giovanni Piro: “Ragazzi io non voglio fare il bastian contrario per sport, sono soltanto stufo di vedere persone che magari anche con buoni propositi parlano di cose che non conoscono, illudendo migliaia di persone. E poi chi ci rimette? Noi surfisti, che nella maggior parte dei casi siamo solo fruitori di notizie gonfiate e scritte frettolosamente”. Prima di lasciarci, il coordinatore delle operazioni surf di Alaia tende una mano all’amministrazione di casa: “Se il Comune di Cagliari dovesse mai avere bisogno di me, sono pronto a salire su un aereo per condividere tutta la mia esperienza sulle wavepool”.
Per completezza d’informazione abbiamo cercato di contattare anche il Consigliere Comunale Matteo Lecis Cocco-Ortu, il primo a rendere pubblica l’esistenza di un progetto wavepool, che non ha risposto al telefono. Siamo quindi risaliti a Marco Benucci, Consigliere Comunale della stessa parte politica di Cocco-Ortu. Benucci si è rivelato disponibile e aperto a parlare: “Conosco personalmente Giovanni Piro, è stato un mio giocatore di basket. Ha ragione: non ci sono le basi economiche per realizzare un progetto del genere. Siamo dispiaciuti che la notizia sia sfuggita al nostro controllo, uscendo ingigantita. Ad oggi il discorso wavepool a Cagliari è fantapolitica”.
Per quanto ci risulta, l’unico progetto di wavepool in Italia realmente in moto è stato annunciato da Leonardo Fioravanti durante una puntata del podcast, a marzo del 2021.
Per saperne di più sul mondo wavepool rimandiamo ai podcast con Giovanni Piro e Adam Bonvin, fondatore di Alaia Bay.