La sera del 27 febbraio il surf nostrano ha ricevuto la conferma che non è impossibile per un ragazzo nato e cresciuto in Italia esaudire il sogno che coltivavamo da bambini: surfare Pipeline. Attenzione però, non stiamo parlando di un surfista qualsiasi, bensì di colui che nel ranking nazionale è dietro soltanto a Bonomelli e Fioravanti: Edo Papa.
Classe 2001, originario di Pescara, con l’ultimo reel pubblicato ha portato una bella ventata di orgoglio alla costa est dell’Italia (e non solo). Non a caso, quella sera si moltiplicavano le storie Instagram di persone che, ricondividendo il video di Edo, lo acclamavano come il primo surfista dell’Adriatico a surfare a Pipe. Ho quindi deciso di chiamare Edoardo Papa per farmi raccontare la sua esperienza nella North Shore di Oahu.
Dall’Adriatico alle Hawaii
In passato mi ricordo che Nicola Bresciani raccontandomi delle Hawaii mi disse che lì ci sono le onde più aggressive e potenti del pianeta, un particolare che è riscontrabile anche scientificamente. So che in molti non andrebbero a caccia di questo dettaglio, ma alcune piattaforme meteo forniscono oltre alle previsioni anche la potenza delle onde, misurata in kJ (kilojoules). Se paragonassimo due metri a Pipeline con una buona swell oltre il metro e mezzo nel Mar Mediterraneo (senza tenere conto del periodo), noteremmo che l’intensità della prima non ha nulla a che vedere con la seconda: dai circa 300 kJ italiani passiamo infatti ai circa 1000 kJ di Pipeline. Una differenza enorme, che sicuramente influisce molto sulla percezione che possiamo avere della forza dell’onda.
Quant’è diverso il feeling che si ha nel surfare in Adriatico e nella North Shore di Oahu?
“È qualcosa di totalmente diverso, non è nemmeno lontanamente paragonabile. A casa sono tranquillo e rilassato, qui le onde sono aggressive, ti mettono sempre alla prova. Pipeline poi è uno spot pieno di gente, tutti di alto livello. La cosa più difficile è riuscire a prendere le onde perché sì che sono pesanti, ma una volta che si è nel punto giusto l’onda la si prende”.
Edo insiste sul problema della folla di Pipe, capisco che è un argomento da approfondire e lo lascio spiegare: “Questa cosa della gente in acqua l’ho sofferta molto, tra locals e pro si percepisce un sacco di tensione. Succede che poi per non perdere nessuna chance ti trovi a prendere a prendere un’onda nel punto sbagliato, rischiando di rimanere in un closeout. L’onda sbagliata a Pipe può farti veramente male. Per non pensare a cosa succederebbe se droppassi per sbaglio un local, ti becchi un bel ceffone e torni a casa”.
“Quando è bello saranno una sessantina di persone sul picco: cerchi quindi di remare il primo spazio libero. È un po’ una sfida. Poi magari capita che passa la bomba dove causalmente non c’è nessuno e parti tu, però è molto difficile”. In seguito sottolinea che a Pipeline, per guadagnarsi credibilità e rispetto, più onde si prendono più si dimostra che si è un surfista valido. Non a caso il nostro Fioravanti è ormai ben accolto sui picchi di Oahu, e da tempo possiamo notare che molte delle onde del set a Pipeline sono sue.
Successivamente sposto la conversazione su un altro punto. È risaputo che, per la legge dei grandi numeri, più persone praticano qualcosa più è facile che il livello sia alto. Domando ad Edo Papa se anche gli spot della North Shore, analogamente per certi versi ai beach break francesi, siano dominati dai classici surfisti anonimi con la tavola bianca, senza adesivi, e la muta nera.
La risposta: “Quello che ho riscontrato è che ci sono molti surfisti a Pipe che fanno dei tubi spaziali, però se li metti a surfare su un’onda più piccola, da manovre, non ne riescono a fare una. Ci sono invece un sacco di ragazzi sconosciuti che surfano da paura”. Chissà come dev’essere a livello di percezione di sé, tenere botta mentalmente in un ambiente così competitivo e che incute rispetto. Edoardo Papa non sembra però essere troppo in soggezione: “Alla fine sono a mio agio, è molto bello perché surfo con tutti i pro del Tour. Avere affianco un Italo Ferreira o un Kelly Slater è qualcosa che mi emoziona molto. la prendo come un’opportunità per imparare e surfare il più possibile”.
La prima volta di Edo Papa a Pipeline
Non si può affrontare la prima volta in un posto sconosciuto buttandosi in acqua con la tavola senza guardare, è necessario comprendere come funziona lo spot, capire dove stare e chi evitare di infastidire. Ovviamente dipende da onda a onda: in ogni caso avere sarebbe ottimale avere sempre qualcuno che ci guidi nel primo approccio ad un picco. Sentiamo com’è andata la prima uscita di Edo Papa a Pipe.
“Il primo giorno il mio amico Kyllian Guerin, che ha surfato diverse volte quest’onda e ha molta più esperienza di me, mi ha dato qualche consiglio. È stato lui a guidarmi e a spiegarmi come funziona lo spot. Dopodiché mi sono messo il casco e sono entrato in acqua”. Aggiunge ridendo: “Ovviamente non mi sono messo subito sul picco perché sennò mi avrebbero cacciato. Una volta in mare poi, in maniera molto tranquilla, ho cercato innanzitutto di osservare: quando si entra in posti del genere è importantissimo guardare e capire bene dove stare”.
Facendo due conti al volo, non sono molti gli italiani che hanno avuto la fortuna di surfare i tubi di Pipeline. Fioravanti e fratelli Porcella a parte, rimangono pochi surfisti tricolore ad essere entrati nello spot più famoso al mondo. Su due piedi mi vengono in mente Roberto D’Amico, Alessandro Demartini e Giulio Caruso. Sicuramente me ne sarò perso qualcuno, mi perdonerete. Domando quindi ad Edo Papa se durante la sua prima volta uno tra Leo Fioravanti e Francisco Porcella gli avesse fatto gli onori di casa.
“Leo è molto tranquillo ma si stava preparando per la gara, era davvero concentrato. Si è dimostrato molto disponibile, dandomi dei consigli su dove posizionarmi”. Gli chiedo che tipo di rapporto abbia con i Porcella e Fioravanti: “Francisco e Niccolò non ho ancora avuto l’opportunità di conoscerli di persona, Leo sì, nel senso che ogni tanto mi da due dritte. Però comunque è sempre molto concentrato su quello che è il suo percorso e su quello che sta facendo adesso”.
Surfare Pipeline durante il Pipe Masters
Edo Papa è alle Hawaii nel miglior periodo in cui ci si possa trovare, cioè durante il Billabong Pro Pipeline. Eh sì, bello guardare gli altri gareggiare ma ad una certa forse le onde è meglio prenderle: che ne dite? Mi ha raccontato la sua uscita in mare martedì, quando le onde erano consistenti a dir poco.
“Dopo la gara sono entrato in acqua ed era veramente tosto: mi sono spaventato a dire la verità. Tutte le persone in acqua erano con un 7’0 e io con un 6’4, perché tavole più grandi non ne ho. Mi son messo sulla spalla ma è stato veramente impegnativo. Considera che solitamente Pipe rompe al primo o al secondo reef: ieri rompeva al quarto. Vedevo questi mammuth enormi che arrivavano e se ti prendono all’inizio, quando sei ancora fuori, non ti fanno male. Il problema è che se ti prende la prima onda delle serie dopo ti porta nella zona d’impatto dove fa il tubo pesante”.
Ammetto di aver avuto i brividi mentre ascoltavo Edo descrivere questa scena. Continua: “Ieri verso la fine della session ho preso una serie in faccia, dopo la seconda onda mi son ritrovato in mezzo alla zona d’impatto. Ho preso tre tubi in testa, ho toccato sotto e in totale mi avranno rotto addosso sette onde consecutive. All’ultima mi si è rotto il leash e c’era una corrente della madonna, ho cercato solo di sopravvivere, nuotando tantissimo, tanto che sarò uscito dall’acqua a un chilometro rispetto a dove ero: così è finita la mia giornata. Ieri era la classica giornata in cui l’obiettivo è sopravvivere e sono contento di esserne uscito vivo”.