di Giulio Caruso
C’è chi le odia e chi le ama. Non c’è discussione invece sul fatto che le wave pool siano diventate negli ultimi anni oggetto di grande dibattito tra le diverse comunità del surf in giro per il mondo. Questo video del 18 dicembre 2015 stimolò l’immaginazione di ognuno di noi, lasciandoci a bocca aperta come un regalo di Natale in anticipo. Da quel momento abbiamo assistito ad un rapido sviluppo del business delle wave pool, con numerosi prototipi e piscine che sorgevano a ritmo record in tutto il mondo.
Nel 2019, durante il mio anno di studi in America, ho avuto l’opportunità di passare 3 giorni al Surf Ranch. Mi ritengo estremamente fortunato ad aver avuto questa opportunità, una delle esperienze più sorprendenti della mia vita. Solo l’emozione nel surfare l’onda, che per l’appunto è incredibilmente difficile e diversa da una comune onda oceanica, è impagabile. Ritengo che surfisticamente parlando sia l’allenamento più redditizio che un atleta possa mai fare perché si ha l’occasione, proprio come nello skate, di studiare e provare manovre e movimenti specifici ripetutamente. Io stesso ho notato un miglioramento tecnico in svariati aspetti del surf anche solo dopo 72 ore passate nella piscina. Un vero e proprio privilegio se pensate che il Surf Ranch costa il caro prezzo di 50 mila dollari al giorno.
Progettare e costruire una piscina di onde artificiali non è per niente economico. Il costo medio infatti si aggira attorno ai 20 milioni di dollari. Parlando con il responsabile del Surf Ranch o più comunemente chiamata “piscina di Kelly”, ho scoperto che la struttura sia venuta a costare, a prodotto finito, oltre 30 milioni di dollari. L’idea nasce dalla mente geniale del nostro amico Kelly Slater che circa dieci anni fa decise di fare della sua immaginazione realtà. Con l’aiuto dell’inglese Adam Finchman, ingegnere spaziale con specializzazione in geophysical Fluid Dynamics che diventerà successivamente l’ingegnere responsabile della “Kelly Slater Wave Co.”, inizia una collaborazione che porterà alla realizzazione dell’onda più perfetta sulla faccia della terra. Dopo svariate ricerche il team responsabile della realizzazione e progettazione della piscina riesce a trovare il luogo perfetto dove far partire il cantiere: il parco acquatico destinato alla pratica dello sci nautico, 18556 Jackson Ave. Lemoore, California. Il progetto viene realizzato anche con l’aiuto della “USC Viterbi School of engineering” e delle menti di Larry Radekopp, Tony Maxworthy e Fred Browand che studiarono le potenzialità dell’onda. I test iniziarono dopo qualche anno in un laboratorio a Los Angeles dove venne riprodotta una piscina in scala 1:15 dove poter testare e studiare in piena tranquillità tutte le caratteristiche.
La piscina, che contiene 56 milioni di litri d’acqua costantemente filtrata e clorata, è stata, infatti, studiata nei minimi dettagli: nessun centimetro quadrato è stato lasciato al caso. I contorni delle sponde sono stati tracciati da computer ultra high tech e il reef disegnato per permettere all’onda di fare le famose 3 sezioni tubanti. Dopo essere stata ultimata la wave pool venne testata, segretamente, dal Sig. Kelly Slater in persona che non soddisfatto decise di apporre delle modifiche. Tra le più importanti migliori proposte da Kelly ci fu l’aggiunta di un’onda sinistra, perché non molti lo sanno ma la piscina fu progettata inizialmente per produrre solo un’onda destra e tutto il macchinario orientato per permettere all’onda di scorrere al meglio verso la direzione predefinita. Per questioni probabilmente economiche si decise di apporre delle modifiche solamente al foil (quella specie di treno che corre sotto il pontile) facendo in modo che potesse cambiare direzione di 180° durante la pausa fra un onda e l’altra. Per via di questo cambio in corsa possiamo notare attualmente una leggera differenza fra la qualità della destra e quella della sinistra.
Un altro grande problema che si presentò agli occhi degli ingegneri fu come eliminare il backwash che si veniva a creare tra un’onda e l’altra per via dello spostamento dell’enorme massa d’acqua. Durante gli scavi fu costruito un enorme canale laterale di deflusso che serve per attutire l’ingente spostamento di massa fluida. Nonostante tutto però servono circa 4 minuti prima che l’acqua si calmi del tutto ed è proprio questo il tempo che intercorre tra un’onda e l’altra.
Sebbene la struttura sembri già perfetta agli occhi di noi surfisti, vengono apportate costantemente delle modifiche per garantire il corretto funzionamento, i minimi consumi e massimizzare il divertimento dei clienti e dei pro. Il foil di 100 tonnellate, mosso da 150 ruote è alimentato al 100% da pannelli solari come d’altronde il resto della struttura. Kelly Slater, la WSL, che ha acquistato una grande percentuale dell’impianto e tutto il resto del team tengono molto all’ambiente e la prima preoccupazione per loro è stata sin dall’inizio quella di avere uno stabilimento alimentato solo da “green energy”.
L’onda inoltre è comandata da un centro di controllo high tech capace di modificare le sue caratteristiche a proprio piacimento, tramite dei modelli predefiniti chiamati CT2, CT3 etc. Questi modelli sono sottoposti a controlli periodici e migliorie costanti e il software che controlla l’onda viene aggiornato costantemente con l’aggiunta di sempre nuovi prototipi e predefiniti. L’ultimo uscito è il CT4 che vedremo probabilmente nelle prossime competizioni, pare sia il preferito di the GOAT. La macchina viene fatta partire alle prime luci del mattino, lavora per un totale di 8 ore producendo 120 onde in totale e può essere fermata solo una volta al giorno, di solito viene messa in standby nell’orario della pausa pranzo.
Per 50k al dì non si affittano solo le magiche onde, ma la possibilità di trascorrere l’intera giornata in un ambiente esclusivo con qualunque tipo di comfort ed un menu stellato proposto durante l’intero soggiorno.
Una delle cose che mi ha stupito di più e infatti, oltre che al surf ovviamente, la gentilezza con cui vieni trattato e la simpatia dello staff, mi è sembrato sin dal primo secondo di ritrovarmi in mezzo a persone familiari e amichevoli. Senza la relazione con il personale l’esperienza non sarebbe stata la stessa, mi hanno aiutato molto dal punto di vista surfistico e abbiamo discusso di molti aspetti a me sconosciuti sia del posto che dell’onda. Un altro servizio fondamentale è il follow up della moto d’acqua che ti guida nelle fasi più complesse dell’onda per evitare di perdere i punti di riferimento. Il prezzo è inoltre regolato dall’altissimo costo di mantenimento del luogo. Trovandosi in mezzo al deserto della California, la piscina ha bisogno di una pulizia costante, di essere filtrata da enormi macchinari e all’occorrenza svuotata per eliminare la sabbia ed i detriti.
Nonostante cifre per la maggioranza di noi inaccessibili, il Surf Ranch era prima del covid prenotato ogni singolo giorno dell’anno eccetto per il weekend e le settimane festive. Si va lì con la speranza di incontrare Kelly Slater che però preso dai suoi innumerevoli impegni pare non sia quasi mai presente. Aggirarsi in quegli spazi e osservare le sue coppe, le tavole, e gli oggetti da lui realizzati e scelti dà comunque l’impressione di essere protagonista delle sue imprese.
Delle emozioni che mai mi scorderò sicuramente sono state l’apertura dei cancelli e la magica visone e la prima onda, ma sarebbe scontato e ripetitivo riassumere ancora una volta la gamma di emozioni sprigionate da questa esperienza, qualunque surfista al mio posto può facilmente immaginare quale stupore e trepidazione abbiano accompagnato le giornate trascorse al surf ranch. Resta l’indelebile ricordo di essere stato partecipe di un luogo che ha segnato una nuova epoca nel surf.
Questa esperienza non sarebbe però mai stata possibile senza il mio “host father” Ed Guzman, proprietario di CLUB ED SURFSCHOOL a Santa Cruz che mi ha ospitato nella sua famiglia in California per ben un anno, e di Jasen Trautwein che ha finanziato il tutto. Ancora oggi li ringrazio per tutto questo.
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