Christiaan Bradley è uno shaper di fama internazionale. Una persona alla vecchia maniera, che a differenza della maggioranza dei suoi colleghi non ha pretese da frontman: preferisce le luci della factory a quelle dei media. In effetti online non c’è scritto tanto sulla storia di Bradley, che nella sua carriera ha costruito le tavole non solo per Leonardo Fioravanti, ma anche per Kelly Slater ed il team Channel Islands. Qualche mese fa ci siamo sentiti telefonicamente per un’intervista che ci aiutasse a conoscere meglio Christiaan e Bradley Surfboards, un brand del gruppo Euroglass.
Come mai Chris un australiano impiegato nel surf business decide di venire a lavorare in Europa?
In realtà ero venuto in Europa per piacere, in vacanza. L’occasione fu un surftrip tra Scozia ed Irlanda, dove mio padre è nato. Un mio amico lavorava in Pukas e mi chiese di rimanere perché gli serviva una mano. La prima volta che sono entrato in una fabbrica di tavole da surf ho iniziato come sander (la persona che si occupa dell’ultimo step del processo di costruzione, levigando la tavola per eliminare gli eccessi di resina e rifinire il particolari, ndr). Era il 2001. Sono tornato a casa poi, in Australia, e mi è capitato di conoscere Belly, Stephen Bell (patrigno di Leo Fioravanti, ndr). Sapevo che Belly aveva fondato Euroglass ad Hossegor, quindi mi sono proposto e lui mi ha assunto per fare il ghost shaper per Channel Islands.
Cosa significa ghost shaper? Puoi aiutarci a spiegarlo?
Spesso i brand di tavole da surf, come anche Bradley, prendono il nome dal main shaper, la persona che ha avviato l’attività costruendo da sé le tavole. È chiaro che se un marchio inizia a produrre globalmente deve affidarsi a risorse dislocate sul territorio per contenere i costi. Channel Islands nel caso specifico veniva shapato in California da Al e Britt Merrick, mentre in Europa ero io a realizzare i loro modelli e soprattutto ad interagire col team quando avevano bisogno di tavole per le gare europee. Spesso venivano shaper più esperti dagli Stati Uniti a fare formazione, adesso non è più così. In quei 6/7 anni ho imparato molto.
Quanto ritieni importante quell’esperienza? Cosa ti sei portato a casa in termini di competenze?
Mi sono abituato soprattutto a fare tante tavole in poco tempo mantenendo standard di qualità alti. Inoltre dover shapare tavole con stili diversi, non solo high-performance shortboard, mi è stato utile poi quando ho dovuto disegnare la mia personale linea di modelli Bradley Surfboards.
A proposito: quando e perché hai deciso di fare questo scatto? Voglio dire, sicuramente eri già molto preparato sul prodotto, ma gestire un’azienda è differente. Eri consapevole delle difficoltà di fare business nel surf?
Sapevo innanzitutto di poter creare una linea di tavole ben assortite da 0 perché alcuni modelli di Channel Islands li avevo inventati io. Non ero così convinto di lanciare Bradley Surfboards, ma Belly e Quiksilver hanno spinto molto perciò mi sono fidato. Finché sei in incognito non hai le stesse pressioni che derivano dal dover firmare col tuo nome un prodotto, lì le cose cambiano. Avevo paura di sbagliare. D’altra parte va detto che lavorare in Euroglass (il gruppo proprietario di diversi marchi di tavole tra cui Bradley, ndr) significa avere a disposizione persone per amministrazione, commerciale, marketing ecc. Io sono un dipendente di Euroglass che percepisce uno stipendio.
Quali sono dal tuo punto di vista i brand che stanno facendo meglio nell’attuale mercato delle tavole da surf?
Sharpeye sta andando molto bene ormai da qualche anno e credo che Stab in the Dark abbia aiutato, hanno anche un ricco di campioni.
Credi che sponsorizzare atleti vincenti e freesurfer influenti possa dare un boost alla vendite?
Seguire il team è un lavoro molto grande che per fortuna non mi riguarda. Io mi occupo del prodotto, di far girare le macchine, di aiutare gli altri shaper se c’è bisogno. Sponsorizzare i surfisti sta funzionando sempre meno, è una grande spesa supportarli. Non lo facciamo molto. L’abbiamo fatto in passato ma per quanto mi riguarda è più la spesa che la resa.
Mid lenght e tavole alternative: ti piace il trend del momento?
Adesso sono molto popolari le tavole con volume extra, perfino i surfisti di buon livello le preferiscono: tavole più cruising, divertenti da surfare. Ho più esperienza con la performance ma abbiamo dovuto anche noi aprire nuove strade, studiare nuovi design. All’inizio non mi piaceva fare tavole alternative ma poi nel processo mi sono appassionato, sviluppando un mio stile di shaping anche per mid lenght e twin fin.
Com’è lavorare con Leo? Dacci qualche pro e contro.
Leo è il surfista con cui ho lavorato di più, non mi è mai capitato di seguire un atleta lungo tutto il suo percorso di crescita fisico e tecnico. Siccome è uno che prende anche delle belle bombe, sviluppiamo diversi step-up (tavole di 2/4 pollici più lunghe di uno shortboard, ideate per surfare onde oltre i 2 metri, ndr) e questo mi piace. Mi sa dare degli ottimi feedback nonostante stia ancora cercando di capire di cosa ha bisogno, fa ancora molto affidamento sulle sue sensazioni. I campioni del mondo con cui ho lavorato sapevano esattamente cosa volevano e stava a me, a quel punto, capire come accontentarli.
Ultima domanda, siccome prima l’hai anche menzionato: cosa pensi di Stab in the Dark?
Stab in the Dark è molto positivo per il business e chi ha vinto nel passato ha avuto una crescita esponenziale in termini di visibilità e vendite. Anche chi arriva in finale di solito ha dei bei numeri sulle vendite del modello testato durante il progetto. Io penso che oltreché bravi si debba essere molto fortunati: devi azzeccare la misura, il volume, il rocker. Magari al mistery surfer poi non piace il blank, perché è troppo rigido o flessibile. È una bella scommessa. Ho visto grandi shaper sbagliare tutto per puro caso. È un rischio che ti prendi, ma lo trovo divertente: un evento divertente.
Eravate presenti come Bradley Surfboards nella prima edizione del 2017, tornerete nel 2023?
Sì, stavolta ci saremo.