Era il lontano Luglio del 2003. Sul piccolo schermo andava in onda una puntata della decima stagione di Futurama. Bender, il robot vizioso e ribelle ha un’idea geniale: “Diventare donna per vincere più medaglie d’oro possibili alle Olimpiadi”.
In un’epoca in cui stranamente il mondo era molto meno bigotto e politicamente corretto di oggi, l’episodio non fece molto scalpore e fu mandato in onda senza censure e non suscitò alcuna polemica. Ma cosa c’entra questo con il surf? È notizia fresca di oggi che la neo-promossa a Chief of Sports della WSL, Jessi Miley-Dyer, abbia deciso di aderire alle regole che il comitato olimpico impone per l’integrazione di atleti transgender all’interno delle manifestazioni sportive.
La reazione del mondo del surf nelle parole coraggiose di Bethany Hamilton
A farsi coraggiosa portavoce del mondo del surf è stata Bethany Hamilton, surfista nota al mondo dello sport per l’ineguagliabile forza mentale con cui ha reagito al terribile incidente in cui a causa dell’attacco di uno squalo perse un braccio. La Hamilton si è sfogata su Instagram pubblicando un reel con un tasso di interazione e gradimento altissimo (ben 116mila like e 15.600 commenti in esponenziale aumento).
Nel video-selfie la surfista hawaiana ha espresso la sua contrarietà in merito alla decisione di aprire le porte del circuito femminile agli atleti transgender. Molti nomi noti nell’ambiente (Shane Dorian, Anthony Walsh o Peter King, per citarne alcuni) hanno partecipato alla discussione supportando l’opinione di Bethany. Anche gli appassionati si sono dimostrati in grande maggioranza contrari alla decisione della World Surf League.
Un’altra botta per la WSL
Diciamocelo chiaramente e senza troppo giri di parole: da quando Jessi Miley-Dyer ha acquisito poteri decisionali, la WSL ha imboccato una strada che non ci piace. Il cambiamento spesso crea scompiglio, è vero, ma ci sono cose che non hanno bisogno di essere cambiate. La contemporaneità della gare del circuito femminile e maschile con conseguente riduzione del waiting period, insieme all’aumento delle heat per evento ed al pareggio del montepremi tra le due categorie rappresentano forse i cambiamenti più radicali della storia del surf competitivo. A detta quasi unanime di tutti gli appassionati, questa scelta è stata l’inizio della fine del surf professionistico.
Appena salita a capo delle operazioni sportive, la prima decisione shock della Dyer è di permettere alle atlete transgender di prendere parte alle gare femminili? Il fatto grave, come sottolineato da Bethany Hamilton, è che una decisione così pesante non sia stata né anticipata né discussa con nessuna delle atlete che prendono parte al Tour, ma semplicemente annunciata come una cosa di routine.
Precedenti: se un atleta transgender passa di categoria, vince
Basandosi su avvenimenti realmente accaduti, è stato palesemente confermato dai risultati degli atleti transgender che partecipare a competizioni femminili con corpi che, nonostante i trattamenti ormonali e le cure affrontate, mantengono le caratteristiche maschili, porta ad un effettivo vantaggio nei confronti delle atlete di sesso femminile. Fece scalpore l’accadimento dell’incontro di MMA dove l’ex Navy Seals ed esperto marzialista Fallon Fox, fresco di transizione, ruppe nel vero senso della parola il cranio alla sua avversaria. Ha fatto discutere anche il caso della nuotatrice americana Lia Thomas, che ha sbaragliato tutte le avversarie nel campionato nazionale degli Stati Uniti qualificandosi senza problemi alle prossime Olimpiadi di Parigi 2024.
A bloccare il sogno della Thomas però ci ha pensato la FINA, Federazione Internazionale del Nuoto, che con un nuovo regolamento ha di fatto sbarrato la strada dell’americana verso i Giochi del 2024. La commissione del nuoto ha espresso tramite un rapporto di carattere scientifico la volontà di tutelare tutti gli atleti e di consentire un’equa e trasparente competizione. Saranno ammessi atleti transgender a patto che la transizione non sia avvenuta dopo il superamento della pubertà e quindi dello sviluppo fisico completo. Anche nel surf i vantaggi sarebbero abbastanza evidenti, considerando anche il gap che permane a livello di performance tra uomini e donne.
“Qui si mette in discussione il regolamento sportivo, non le scelte di vita”
Come sottolineato dalla Hamilton, il suo sfogo riguarda puramente il lato sportivo. Non ha niente a che vedere con le scelte di vita di una persona, anzi: proprio per questo l’argomento dovrebbe essere trattato con più attenzione e con l’obiettivo di garantire a tutti gli stessi diritti. Spesso la paura di dire “no”, come sottolinea Peter King in un commento al post, fa più danni di un’accesa discussione dove le parti si affrontano esponendo posizioni contrastanti. Ultimamente sembra che le decisioni siano prese più per paura di essere accusati di qualcosa che per rigor di logica ed etica professionale. A preoccupare è il regolamento: il comitato Olimpico ha infatti sospeso la richiesta di requisiti medici specifici che prima erano obbligatori definendoli “non necessari, invasivi e discriminanti”. Per gli atleti transgender non sarà più necessario sottoporsi a cure ormonali né ad interventi chirurgici genitali, l’ultima parola spetterà alle singole federazioni.