di Raffaele Saviano
Sveglia alle 7, metto su il caffè, mi accendo una sigaretta. Mi siedo e attendo che il caffè venga sù.
Mi arriva un messaggio: “Sei a Pandawa?”.
Controllo il forecast, l’alta è alle 10.44. Il caffè è pronto, mi siedo.
Mi accendo un’altra sigaretta e rispondo: “No, faccio colazione e vado”.
Apro instagram, le story scorrono, il faccione di un uomo tatuato mentre si accinge a sferrare un pugno mi si palesa davanti. Blocco la story, apro il link, guardo il video:
“Cazzo ma qua è Pandawa, ieri mattina ero là”.
Vado su Stab, l’articolo è già virale.
Carico la tavola sul rack, preparo lo zaino e mi dirigo sul luogo del delitto, nonché il mio home spot da 3 mesi a questa parte. Arrivo a Pandawa, ordino un altro caffè, conto le teste che già han conquistato il picco. Sono le 8 di mattina, l’onda è altezza spalla e in acqua ci sono già 30 persone. Bevo il caffè, torno a casa.
La peggior wet season che si ricordi ha innescato la follia: meno onde, più nervosismo
Quest’anno la stagione delle piogge (cioè la bassa stagione del surf a Bali) è stata un disastro: vento costante da ovest e pioggia come pane quotidiano. Dopo un gennaio altalenate, un febbraio torrenziale e un marzo discreto, aprile è cominciato nel peggiore dei modi e le previsioni per le prossime settimane non sembrano esser foriere di cambiamento. L’alta stagione (dry season) fatica a partire.
A detta di chi ha fatto di Bali la propria casa, l’ultima estate (cioè il nostro inverno, qui le stagioni sono invertite) verrà ricordata come la peggiore degli ultimi anni, e non tanto per le onde e la pioggia. La wet season si sa, è una scommessa, il vero problema è che Bali da paradiso del surf, si è trasformata in un mattatoio.
Il video che oggi ha fatto il giro del mondo è la perfetta rappresentazione di quello che sta accadendo qui. Bali è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. La situazione è completamente sfuggita di mano e l’accaduto di ieri molto probabilmente è un mix di conseguenze e tensioni accumulate in questi ultimi mesi di magra. Intanto sull’isola la caccia all’uomo è già cominciata. Ci sono leggende metropolitane che narrano di agguati in piena notte da parte dei locals dove, per poco meno, qualcuno è volato giù dalla scogliera e mai più ritrovato.
“Wind and no waves make surfers dull boys”
Stanley Kubrick di questa storia avrebbe potuto farne un film.
Posso dire che in questi mesi ne ho viste di tutti i colori, io stesso mi sono trovato in situazioni spiacevoli. Vi racconto questa:
2 settimane fa, io ed altri 3 amici troviamo un’onda da surfare. Arriviamo allo spot e notiamo che in acqua ci sono solo 2 persone. Le onde sono buone. Ci buttiamo.
Dopo 20 minuti che siamo in acqua la situazione è inavvertitamente degenerata: una coppia di russi, nella completa ignoranza delle regole, ha iniziato a reclamare il diritto di surfare un’onda dietro l’altra. Si è sfiorata la rissa e bisogna ringraziare un local che si trovava là a pescare che ha calmato gli animi: “Ragazzi siete in 6 e ci sono onde per tutti, perché state litigando?”. Mi sono sentito un cretino.
I russi hanno portato la guerra a Bali. I brasiliani droppano per diritto acquisito. Gli asiatici pagano per farsi spingere sulle onde.
Un altro aspetto che vorrei affrontare è la guerra in Russia. Cosa c’entra la guerra con Bali? Dopo lo scoppio della guerra, Bali è diventata una colonia russa. Migliaia di russi sono esiliati sull’isola per sfuggire alla chiamata alle armi. Il governatore di Bali, Wayan Koster, si è appellato al governo centrale perché vieti ai russi la possibilità di ottenere il visto. Le intemperanze dei giovani russi sono diventati un problema.
In acqua non c’è rispetto per nulla e regna l’anarchia totale. Brasiliani e peruviani che per diritto di bravura drappano in loop senza neanche chiederti scusa, nella loro testa si credono superiori a te, quindi hanno il DIRITTO di dropparti l’onda. Russi che non sanno le regole, incattiviti dal loro esilio dorato che farebbero a pugni anche con le proprie madri. Spagnoli che fanno comunella e chiamano tutte le onde fuori posizione. Coreani e giapponesi che pagano i locals per essere spinti sulle onde, mentre i locals si dichiarano pronti a scannarti se cerchi di remare le onde dei coreani e i giapponesi. Intanto però, essendo locals, remano e surfano tutte le onde, lasciando i poveri beginner asiatici in balia delle correnti vagare sulle loro tavole come vascelli fantasma sul picco. Tu rimani lì a guardare come surfano, loro.
Il surf è pace interiore, rispetto, condivisione.
Sì, se vuoi credere alle favole.
Vuoi trascorrere una vacanza felice e surfare senza problemi? Stai lontano da Bali.
In 3 mesi, i giorni in cui ho surfato tranquillamente senza ricevere un torto si contano sulle dita di una mano. Sono un surfista che rispetta tutte le regole, non sto mai sul picco (il mio livello non me lo permette), mi piazzo sempre sotto e quasi tutte le sessioni, una volta terminate, mi hanno lasciato un senso di frustrazione e rabbia. Emozioni e stati d’animo difficili da scrollarsi di dosso. Il surf dovrebbe servire a ripulirsi da queste condizioni, non a crearle.
La mia esperienza a Bali mi ha portato a rivalutare completamente l’immagine che avevo del surf. Arrivando dall’Australia, luogo in cui in acqua non volava una mosca e tutti rispettano tutti, non ero pronto ad affrontare una session di surf sessione come una guerra. Qui vige sovrana una sola regola: mors tua, vita mea. Il mondo intero crede alla favola che il surf è pace interiore, rispetto, condivisione: nulla di tutto questo. E il video che ha fatto il giro del mondo ne è la prova. Il surf è agonismo tossico.
Grazie ad un amico sono stato introdotto alla comunità d’italiani che di Bali hanno fatto la loro seconda casa. Persone che vengono su quest’isola da più di 20 anni. Per ore tra una sessione e l’altra mi sono fatto raccontare tutti gli aneddoti e le storie di quando negli spot si surfava in 4, di quando si era costretti a vivere a Kuta perché nel Bukit non c’erano né alloggi né ristornati, quindi pranzo al sacco al mattino e si partiva alla ricerca delle onde solitarie da surfare. Amo Bali follemente, e mi piange il cuore ad averla ritrovata in queste condizioni. Di questo passo resteranno solo i ricordi sbiaditi di un paradiso che lentamente si sta trasformando in un inferno.