Chi è il vero spirito del surf italiano? Il motore di questo movimento che giorno dopo giorno cresce in rilevanza e quantità? Gli atleti di punta, potreste dire. La risposta facile indica come protagonisti assoluti i surfisti che popolano le copertine e prendono parte ai surf movie. La risposta che vi daremo noi di Tuttologic Surf è all’opposto: la vera anima del surf italiano siete voi, ragazzi che lavorano e si sacrificano e smuovono il mondo, che litigano con mogli, fidanzate e datori di lavoro per trovare quell’ora di onde al tramonto. Ecco perché vi presentiamo “No Sponsor”, una rubrica dedicata ai surfisti underground che spaccano nonostante una vita con impegni da medico, fabbro o pilota di aereo. Partiamo da Stefano Rospo, l’aviatore.
Chi è Stefano?
Stefano cresce a Lido di Ostia, Roma. Nato nell’88 incontra la sua passione per il surf in tarda adolescenza, a 16 anni. Inizia a surfare a Fregene: prima soltanto d’estate, ma poi anche d’inverno quando la voglia diventa incontenibile e si trova a comprare la prima muta. Qual è stata la scintilla? Una storia quasi da film: Stefano conosceva bene il mare, andava in barca a vela con il padre e un giorno mentre girava per le strade di casa con la bicicletta vide una tavola da windsurf abbandonata ad un bidone dell’immondizia. Decise di provare a prenderci qualche piccola onda sulla riva imitando un gruppo di ragazzi, che sembravano divertirsi come dei matti a scivolare sull’acqua. Un feeling unico lo rapì. Passo successivo: scegliere una tavola vera e propria.
Stefano è una persona votata alla libertà e per questo motivo ha sempre detestato gareggiare nel surf, nonostante un passato da nuotatore agonistico. Ha provato negli anni a partecipare a delle competizione, ma lo ha sempre trovato limitante. Ammette però che in mare è molto competitivo: non tanto per dimostrazione di forza ma per voglia personale di migliorare e superare i propri limiti.
Nella sua storia da surfista ha avuto qualche sponsor anche se ci confessa che non è mai stata la sua priorità. “Rospo”, come lo chiamano gli amici, è una persona curiosa che ama sperimentare ciò che attrae il suo interesse: legarsi ad un brand e promuoverlo solo perché ha in cambio dei prodotti non è ciò a cui ambisce. Ammette però che se proprio dovesse scegliere, c’è in effetti una cosa gli piacerebbe fare: testare tavole e materiale tecnico per recensirlo in maniera obiettiva e senza condizionamenti. A questo proposito vi spoileriamo che abbiamo già un piano in serbo per lui, anche se lui ancora non lo sa.
Professione
Stefano è un pilota di aerei di linea. Il suo lavoro non gli permette di dedicarsi come vorrebbe al surf, cosa che lo accomuna a tutti noi. Riesce comunque a ritagliarsi qualche giornata di onde grazie alle coincidenze e a qualche sacrificio, magari un turno extra in cambio di un permesso. Oltre a questo fa parte di una crew di dronisti, la Dirtyseagulls, con la quale realizza riprese video professionali.
Visione del surf Italiano
Stefano ci ha raccontato che per lui lo spirito del surf resta quello primordiale, di connessione con il mare, ricco di responsabilità e rispetto. Invita i giovani a farsi una cultura su questo e stima molto i compagni di avventure Roberto D’Amico ed Eugenio Barcelloni. Due ragazzi che conosciamo bene, sono stati ospiti ai nostri microfoni durante la seconda e l’ottava puntata del podcast. Stefano ammira molto Roberto per essere riuscito a combinare il suo talento ad un movimento di tutela dell’ambiente e della sensibilizzazione sulle tematiche dell’inquinamento delle spiagge e dei mari. Di Eugenio apprezza la determinazione e la costanza che lo hanno portato a superare i propri limiti nel big wave riding, a dispetto di impegni “mangia-tempo” come il suo lavoro nelle produzioni cinematografiche.
Viaggi
La meta preferita da Stefano resta il Sudafrica. Ricorda di un viaggio fatto da solo in macchina, partendo da Cape Town e guidando fino a Jeffrey’s Bay. Di quel surftrip porta con sé non soltanto le bellissime onde incontrate ma anche l’esperienza e l’emozione di aver conosciuto le persone più belle e disponibili che abbia mai trovato nelle sue avventure all’estero. Quando gli chiediamo del pericolo squali, che è grande in Sudafrica, risponde in maniera serafica: la natura dà e la natura toglie, ognuno ha il suo posto e bisogna accettarlo.
L’ultima cosa che ha voluto esternare, un particolare da non sottovalutare, è il forte richiamo che sente per un viaggio in una meta mistica, fuori dall’ordinario, al freddo e senza troppe persone. Il sogno di Stefano si chiama Isole Falkland, l’arcipelago teatro della guerra tra Argentina e Regno Unito nel 1982, situata a sud della Patagonia. Che dire, magari ve lo documenteremo.