3, 4, 5 secondi che sembrano un’eternità. Sarà capitato anche a te di finire in una lavatrice dopo un wipeout e di essertela vista brutta in mare. Gestire un momento delicato durante una session non è così semplice se non si ha l’esperienza per controbilanciare la paura, che può prendere il sopravvento gettandoti nel panico. Le tecniche di apnea possono aiutarci a sviluppare consapevolezza della situazione.
L’apnea a differenza di quanto possa sembrare evidente, non insegna a trattenere il fiato ma piuttosto ti forma a respirare correttamente per sfruttare ogni centimetro cubo del tuo volume polmonare e gestire attentamente le risorse d’ossigeno. Semplificando si può dire che studiando l’apnea non dovrai focalizzarti sul trattenere il fiato, ma su come respirare utilizzando appieno le capacità dei muscoli coinvolti nella funzione fondamentale del corpo umano. Questi concetti possono sembrare banali ma non lo sono, nient’affatto: su due piedi, interrogati dalla nostra istruttrice di apnea Emma Torsello, tutti noi allievi abbiamo dato risposte “facili” e sbagliate. Il workshop di apnea per il surf organizzato con Apnea is Pop agli XMasters di Senigallia è cominciato proprio con una buona oretta di teoria e di esercizi di respirazione a secco.
L’apnea per il surf, ma anche per vivere meglio. Sarà il prossimo yoga?
È affascinante scoprire che dietro ad un gesto che ripetiamo come un riflesso incondizionato in ogni istante della nostra esistenza, si sia sviluppata una letteratura di teorie e tecniche che se non fosse per l’apnea potremmo ignorare a vita, perdendoci a volte una notevole percentuale della nostra possibilità di immagazzinare ossigeno. Una maggior disponibilità di ossigeno si converte in una performance migliore, in una forza muscolare superiore, in una capacità di concentrazione decisamente più sviluppata. È l’apnea bellezza: forse la prossima moda? Non so praticamente nulla di yoga, ho partecipato giusto ad un paio di pratiche della mia amica Meg, con cui però invece abbiamo scambiato diverse opinioni sui benefici secondari che lo yoga può avere nella vita di tutti i giorni. Trovo a prima vista diverse similitudini tra l’apnea e lo yoga, in un certo senso mi sembrano due modi per arrivare ad uno stesso stadio di maturità psico-fisica. Non mi permetto di dire che l’apnea possa aspirare a rappresentare l’eredità culturale, filosofica e spirituale dello yoga, ma sono convinto di poter riconoscere delle sovrapposizioni importanti in termini di tecniche respirazione, consapevolezza del proprio corpo e capacità di concentrazione sul momento presente. Ognuno poi può trovare il proprio percorso per raggiungere certi obiettivi: a me ad esempio, che amo il mare e non ho tanta pazienza, mettermi alla prova con l’apnea ha fatto un bellissimo effetto.
Infatti con Apnea is Pop, brand di Emma Torsello che offre esperienze legate all’apnea, stiamo pensando di organizzare in autunno una due giorni di workshop di apnea per il surf. Insieme agli istruttori esperti di apnea vorremmo coinvolgere degli atleti, possibilmente big wave rider, che possano portare la loro testimonianza, condividere i loro metodi empirici per rimanere calmi in situazioni di pericolo. Da surfisti che hanno sperimentato sulla propria pelle cosa significhi rimanere intrappolati nella impact zone, riteniamo infatti che sia fondamentale calare le nozioni teoriche dell’apnea all’interno delle dinamiche del surf, che si svolge in un ambiente imprevedibile e per questo più sfidante. Ecco perché quindi nel podcast registrato a margine del workshop di apnea per il surf di Senigallia, abbiamo voluto includere anche Roby D’Amico.
Come sempre in questi casi, per invogliare ad ascoltare un’intervista molto sentita e partecipata, ci tengo ad anticipare alcuni passaggi chiave, una sorta di highlights della conversazione con Emma Torsello e Roby D’Amico.
- Emma apre mettendo subito le cose in chiaro: “Forse vi riuscirà difficile credere che nella nostra quotidianità utilizziamo per respirare muscoli che non ci sono stati dati per quella funzione. Vi faccio un esempio, provate con me. Se dal dottore ti dicono: “fai un bel respiro”. Tu che fai? Apri la bocca, inspiri e gonfi il petto, alzi le spalle, contrai collo e trapezio. Facci caso. Ti do una notizia: è tutto sbagliato. Sì perché il muscolo destinato di natura a guidare la respirazione è il diaframma, questo sconosciuto”.
- Roby risponde enfatizzando l’importanza della respirazione: “Mentre stiamo surfando spesso ci dimentichiamo di respirare, succede quando vivi una forte emozione. Invece è fondamentale provare a sincronizzare il proprio respiro con il ritmo dell’onda”.
- Non sono mancati i momenti di interazione diretta tra Emma e Roby, come quando il surfista ha chiesto all’apneista: “Se sono nervoso oppure ho la testa piena di pensieri la mia apnea rende al 50%. Tu Emma come affronti le difficoltà sott’acqua?”. La risposta non si fa attendere: “L’apnea è un gioco mentale e ci sono un po’ di trucchetti per ingannare la propria mente. Intanto dobbiamo imparare a concentrarci su qualcosa di terzo per evitare di essere schiacciati dalla sofferenza del momento, perché quando pensiamo di non averne più il cervello entra prematuramente in uno stato d’emergenza. E poi dovresti provare dopo ogni apnea a chiederti: come sto? Perché poco prima di uscire a respirare pensavi di morire, invece stai bene. Questo aiuta a sviluppare la consapevolezza”.
- Roby D’Amico ha anche condiviso preziosi consigli su come gestire in wipeout pesante, la sua tecnica è molto particolare: “Quando è grosso, se ho il coraggio e me la sento, cerco di affrontare la peggiore delle situazioni appena entro in acqua. Prendo l’onda più grossa, anche sapendo di cadere. Finché non affronto quel momento non mi sento sicuro”.
- Uno dei tanti consigli pratici di Emma Torsello, che risponde alla domanda: come ventilarsi per recuperare più ossigeno possibile in meno tempo tra un’onda e l’altra del set, che magari stiamo prendendo in testa? “L’ideale sarebbe che per 4, 5 ventiliazioni ispiraste 1 ed inspiraste 3. Si chiama protocollo d’uscita, il rapporto tra i respiri che prendo e quelli che butto fuori è di 1 a 3. Questo mi permette di aumentare il bilancio di ossigeno appena uscito dall’acqua”.
Si ringrazia Marco Spinelli per la concessione dell’immagine in evidenza.