Sulle coste atlantiche europee si trovano alcune delle onde migliori del mondo. Portogallo, Francia e Spagna godono del surf tutto l’anno, con un range di condizioni che varia dall’epico (autunno/inverno) al fattibile (estate) passando per le pazze sfumature primaverili. Certo d’inverno fa freddo, ma la vicinanza con il Marocco e Isole Canarie rendono l’Europa uno dei continenti più ricchi di risorse in termini di qualità e quantità di onde. Vi siete mai chiesti perché sono così pochi gli atleti del surf europeo che riescono a qualificarsi al World Tour?
Storia del surf europeo
Nel 1989 un inglese diventava campione del mondo. Realisticamente parlando Martin Potter di Britannico non ha molto, infatti si trasferì a Durban quando aveva soltanto due anni. In Sudafrica crescerà e svilupperà la sua passione per il mare. Inizierà giovanissimo a girare il mondo, di fatto nato in terra inglese ma in concreto cittadino globale, sarà l’unico campione del mondo europeo nella storia del surf. Nessuno dopo di lui avrà reali speranze di vincere un titolo.
Nel 2009 una folta rappresentanza europea ha animato il Tour. Aritz Aranburu, Marlon Lipke, Mikey Picon, Jeremy Flores, Tim Boal e Tiago Pires compongono il team europeo più numeroso che abbia mai preso parte alla competizione. Non sarà una stagione fortunatissima. Resteranno nell’ASP soltanto due atleti su sei. L’anno seguente con gli europei ridimensionati, a portare alta la bandiera blu-stellata sarà Jeremy Flores. Nel 2010 il francese di Reunion vince il Pipeline Masters. Vittoria che bisserà nel 2017. Insieme ai due trofei hawaiani, Flores nel 2015 vince Teahupo’o battendo il campione del mondo in carica Gabriel Medina e nel 2019 trionfa ad Hossegor nel Pro France. Con il ritiro di Jeremy Flores, se ne va l’ultimo europeo ad aver vinto una tappa del mondiale.
Il presente del surf europeo
Sono solo due i rappresentanti del surf europeo qualificati al prossimo World Tour: Leonardo Fioravanti e Frederico Morais. Un numero che fa riflettere. Avrete sicuramente notato che durante le tappe europee del WSL (Hossegor e Supertubos), tutte le wildcard locali come Maxime Huscenot, Marc Lacomare, Vasco Ribeiro o Miguel Blanco hanno sempre messo in difficoltà gli atleti del mondiale.
Perché allora i surfisti europei non riescono a guadarsi un pass per il World Tour? La risposta più semplice trova spiegazione nel sistema di qualificazione. Gli europei sono obbligati a volare verso Australia, Stati Uniti o Sudafrica per qualificarsi alle qualifiche del mondiale. Avete capito bene, qualificarsi alle qualifiche. Se già prima era complicato accedere al World Tour, almeno a disposizione delle migliori speranze del surf europeo c’erano dei QS 10.000 sparsi tra Portogallo, Spagna e Francia. Adesso con il nuovo sistema introdotto, il vecchio WQS è diventato un girone di qualificazione regionale e per l’Europa sono stati assegnati dieci spot disponibili nel Challenger Series, le sei tappe che poi definiranno i dodici surfisti che entreranno a far parte del Tour. Hawaii, Australia, Stati Uniti ed Europa hanno tutti lo stesso numero di spot. E allora cosa cambia?
Sistema di qualificazione
Domanda lecita. In teoria niente, in pratica nelle qualifiche regionali europee ci sono soltanto quattro tappe e da 3.000 punti ciascuna. I punti a disposizione non sarebbero abbastanza per far si che a qualificarsi siano più di due atleti. Se aggiungete che ad alcuni di questi eventi partecipano brasiliani, qualche americano e australiano, la risposta è servita. Se ti vuoi qualificare, devi almeno prendere parte ad una delle gare intercontinentali. A confermare quanto detto, contiamo che di 130 atleti totali che figurano nella classifica WQS del 2021, soltanto 7 rappresentanti del surf europeo hanno raggiunto le prime 64 posizioni che garantiscono l’accesso al Challenger Series. Wildcard e defezioni hanno permesso a qualche altro atleta di prendere parte alle due tappe di Ericeira ed Hossegor, due gare che non sono comunque sufficienti per potersi qualificare.
Due dei Sette sono Leonardo Fioravanti e Frederico Morais che fanno già parte del Championship Tour. Uno è Michel Bourez, polinesiano che secondo le nuove normative olimpiche gareggia sotto la bandiera francese. Uno è Beyrick De Vries, nato e cresciuto in Sudafrica, residente lì, ma che da luglio 2021 grazie al passaporto del padre ha scelto di rappresentare l’Olanda per avere chance di qualificarsi alle Olimpiadi del 2024. A seguire c’è Vasco Ribeiro, eterna promessa del surf portoghese che nel 2015 conquistò un terzo posto nella tappa WSL di Peniche. Per completare il gruppo di atleti del surf europeo qualificati al Challenger Series citiamo due ragazzi originari della Reunion che hanno scelto Hossegor come campo base: Jorgann Couzinet e Maxime Huscenot, che nel 2015 ha sfiorato la qualificazione al CT.
Perché è un problema?
Vista la situazione covid ed i contratti di sponsorizzazione ai minimi storici, pagarsi le spese per prendere parte alle gare fuori dall’Europa è un problema. Australiani, hawaiani e statunitensi devono coprire meno distanze, sono collegati meglio e per questo beneficiano di prezzi vantaggiosi. Anche i brasiliani non possono lamentarsi sotto questo punto di vista. Per gli europei invece spostarsi è sempre una spesa più grande. Nei paesi con più cultura surfistica è più facile ottenere un contratto di sponsorizzazione che permetta di viaggiare, inoltre come abbiamo già affermato nello scorso articolo della Brazilian Storm, la legge dei grandi numeri premia altri continenti. In rapporto sono molti di più i praticanti extraeuropei e questo è un dato da non sottovalutare.
Il futuro del surf europeo
Resi orgogliosi da Leonardo Fioravanti che con il 46 sulle spalle porta onore al surf italiano, realisticamente il Belpaese ha poche chance di poter replicare con un altro atleta nel futuro prossimo. Anche se Leo è molto carico e determinato a migliorare quella che è stata la sua miglior annata, nessuno dei giovani italiani sembra oggi poter ambire ad un posto tra i top 44. Per Francia, Portogallo e Spagna (un occhio di riguardo per i Paesi Baschi e le Canarie) sicuramente il futuro è più promettente, affidato ad una schiera di giovani atleti che grazie ad un programma tecnico avanzato e ben strutturato nel tempo, stanno mettendo a ferro e fuoco i Junior QS.
Altro dato da tenere in considerazione è quello delle naturalizzazioni. Infatti sono molti gli atleti nati e cresciuti in paesi dove le onde sono una costante e che hanno almeno un genitore europeo. Nelle ultime due stagioni hanno deciso di cambiare nazionalità sportiva Eithan Osborne (da USA ad Israele), Cristian Portelli (nato a Lanzarote, ha scelto la Svezia) e Leon Glatzer (nato a Maui, cresciuto a Pavones ma con passaporto tedesco). Patrick Gaudaskas potrebbe scegliere di gareggiare per la Lituania, sarebbe una storia clamorosa. Potrebbe essere questa un’opzione credibile per vedere un altro atleta italiano qualificarsi al World Tour?