Quando ho iniziato Tuttologic sapevo che nei tempi e nei modi giusti sarebbe arrivato il momento di fare quest’intervista. Giulia Calcaterra influenza la visione che si ha del surf in Italia più di ogni altro surfista del nostro paese. Forse non vuole nemmeno questa responsabilità, e magari a molti la cosa scoccia pure, ma visto il numero di persone a cui parla quotidianamente (1 milione tondo tondo) Giulia è paragonabile ad canale tv. Un canale tv di sport estremi, di quelli che trasmettono immagini adrenaliniche in loop fino a farti venire il fiatone.
Per darvi un termine di paragone, la finale di X-Factor 2021 (con Maneskin e Coldplay ospiti) trasmessa sia su Sky che in chiaro su TV8 ha fatto 1.3 milioni di spettatori. Interagire tramite un social non è come sedersi sul divano davanti alla televisione, non sto dicendo questo. Vorrei soltanto dare una misura dell’influenza di Giulia Calcaterra e sostenere l’affermazione secondo cui la percezione che si ha del surf in Italia passi inevitabilmente anche per il suo modo di interpretarlo. Nazarè è stata l’ultima occasione per parlare della Giulia surfista, perché sappiamo tutti che (per me compreso) la sua performance a Nazarè è subito diventata un tema caldo nei discorsi (in chat o di persona) tra surfiste e surfisti.
Come sempre quindi ho posto le mie domande, senza indorare la pillola per il timore di trovare dall’altra parte un interlocutore sfuggente e restio a dire la sua. Su questo in effetti non mi sbagliavo: Giulia non si è sottratta ad un confronto aperto e dibattuto, spesso segnato da punti di vista divergenti, e non mi ha chiesto di cambiare nemmeno una parola della trascrizione che ho fatto dell’oretta di chiacchierata a cui vi lascio.
Giulia la tua forza sta nell’essere un’atleta polivalente, ti lanci in esperienze al limite in diverse discipline. Il surf è libero e senza filtri, basta prendere una tavola e vai. Altri sport come il paracadutismo invece ti obbligano a passare da un centro con degli istruttori, non puoi volare per conto tuo. Quindi mi chiedo, quando racconti della tua esperienza col surf più che comunicarlo motivando ed ispirando le persone com’è nella tua natura, non ti viene da mettere in guardia sulla pericolosità del gesto? Qualcosa tipo come dicevano una volta gli stuntman o nel wrestling, “don’t try this at home”. Un disclaimer del genere.
È veramente difficile dovermi rendere conto di sottolineare l’ovvio, ho capito però ormai che viviamo in un’epoca in cui l’ovvio è sempre meno ovvio. Non comunico il surf dall’oggi al domani con una foto a Nazarè, chi mi segue ha potuto vedere un percorso iniziato con una schiuma presa ad Hossegor 5 anni fa. In questi anni ho condiviso dalla A alla Z tutta la merda che mi sono mangiata. Io sono sempre attenta a mettere in guardia sui pericoli, non posso sentirmi responsabile se qualcuno vuole provare ad imitarmi senza averne ancora le capacità.
È mai successo?
Sì, è successo. L’estate scorsa ad esempio delle persone hanno voluto ripetere un mio tuffo e si sono fatte male.
E tu come la vivi?
Io penso che allora dovremmo chiudere Red Bull e tutte le pagine Instagram di sport estremi.
È che secondo me Giulia è difficile inquadrarti perché tu fai tante discipline bene ma nessuna in maniera eccellente, non credi?
Sì perché Leo io non mi ritengo una professionista. Non è mio interesse essere professionista di un unico sport, sennò a quest’ora avevo scelto una disciplina e mi ero buttata in quella. Invece voglio vivere la vita a 360 gradi per trovarmi a mio agio in cielo o in montagna, così come sopra o sotto l’acqua. Che ne sai che io non salvo la vita ad una persona che dice “wow, ho scoperto la mia passione”. È successo un sacco di volte che qualcuno abbia cambiato direzione di vita perché ispirato da me. Hanno trovato la motivazione per lasciare la vita schifosa che facevano e per iniziare finalmente ad inseguire i propri sogni. Questo è il mio goal.
Sennò tornando alla pagina di Red Bull apro il loro Instagram da neofita e dico “minchia, impossibile”. Invece vedo Giulia, che è una ragazza normale, che attraverso un percorso porta a casa esperienze pazzesche. Non in maniera eccellente, perché non me ne frega nulla di essere la prima della classe. Col surf in questi anni ho fatto un percorso che mi sta portando dove non avrei immaginato.
A proposito del tuo percorso, ho notato in giro due reazioni differenti. Tra i miei amici che surfano da poco (3/4 anni) e magari lavorano in ufficio, quindi persone con infinite possibilità in meno di stare in acqua rispetto a te, c’è chi mettendosi a confronto pensa “forse faccio schifo io, oppure sono troppo umile e dovrei rischiare di più”. Chi fa surf da tempo invece, pur non avendo per forza affrontato spot come Nazarè o le Mentawai, pensa che rischi di farti male e che stai bruciando le tappe. Tu a chi ti rivolgi?
Voglio parlare al pubblico di persone che fanno surf da tanti anni, a quelli che mi scrivono che non posso permettermi di fare quello che faccio perché surfo da troppo poco tempo. Questa è una cosa che per me non sta né in cielo né in terra, perché io in 5 anni penso di aver surfato molto più di loro in 20 anni. Ho visto molti più posti, vissuto situazioni e spot diversi. Per il mio lavoro sono stata quasi ovunque, è una fortuna pazzesca ma che ci posso fare? Crocifiggetemi se volete.
La verità è che dopo 5 anni arrivo a buttarmi in spot dove persone abituate a surfare sempre a Roma, a Varazze oppure in Sardegna non avrebbero le skills ed il coraggio di mettere piede. Per me il surf non è soltanto la tecnica affinata in 20 anni, ma è anche la mentalità di saper affrontare le proprie paure. Ci sono persone che in tanti anni di surf non sono mai uscite dalla propria comfort zone e che però vengono a giudicare a me. Magari uno a Banzai è un toro, fa 200 curve, ma poi lo metti da un’altra parte e non ti rema l’onda.
Ok dai allora visto che abbiamo fatto alcuni nomi di spot, parliamo di Nazarè. Nazarè è diventata la mecca del big wave riding non perché sia l’onda più difficile, Jaws e Mavericks sono molto più cattive, ma ha raggiunto questo status soprattutto perché lì c’è una condizione particolare: il faro così suggestivo e panoramico, una cittadina che investe molto nel surf, il servizio di chi ti porta fuori con le moto d’acqua, un porto comodo…tutta una serie di elementi che concorrono a renderlo un posto unico. Hai visto il documentario di Netflix “14 Vette”?
Si c’ho provato un paio di volte ma era troppo lento, mi stavo per addormentare (ride, ndr).
Beh comunque c’è una foto scattata dal protagonista che ha spopolato su Instagram. Arrivato in cima all’Everest, Nims Purja si gira e cattura in un’immagine 300 persone ammassate in fila per raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo in un giorno qualunque di Aprile. Ormai l’Everest è diventato un’attrazione turistica, se sei mediamente allenato e paghi 200.000 dollari gli sherpa ti portano a scalarlo. Non hai paura che Nazarè possa diventare una roba del genere?
Non credo che in futuro la gente andrà lì a rischiare la vita per farsi fare la foto, no. Ma più in generale mi farebbe piacere che le persone si avvicinassero al surf per passione e non mettere una foto su Instagram.
Eh, tosta però…
Io sinceramente ho fatto di tutto per evitare di spettacolarizzare quest’esperienza. Non l’ho detto a nessuno prima di andare, mi sono mossa quasi di nascosto. Poi è chiaro che lì c’è un business fotografico pazzesco, la foto te la fanno per forza. E che faccio non la pubblico? È il mio lavoro, mica sono scema. Se Nic Von Rupp mi ha portata fuori a Nazarè è perché sa come surfo, mi conosce. Non c’è stato nessun business dietro, mi ha semplicemente detto: “ti porto a fare un experience”.
Quindi com’è andata?
Ho preso un’onda a Lance’s Left l’estate scorsa, alle Mentawai, veramente pesante. Ho fatto un tubo, anche lì partendo in tow-in (trainata da una moto d’acqua, ndr).
Ah si ho capito, c’era un video in cui rimanevi dentro questo tubo bello massiccio…vero?
Sì sì non sono uscita, ho preso il lip sul collo. Ho postato la foto di un frame e da lì Nic che era in Indonesia mi ha scritto dicendo “grande, figata, bell’onda”. Io e la sua fidanzata già ci seguivamo, credo la cosa sia partita da lì ma lì si è esaurita. Lui poi pochi giorni dopo fa uscire il vlog del Greenbush più pesante della storia e mi chiede la cortesia di condividere il contenuto nelle storie. Io gli ho risposto: assolutamente Nic, con piacere, a patto che tu un giorno mi porti a Nazarè. La mia era una battuta.
Carina questa, ci sta. E poi?
E poi visto che seguo tutto, sto sempre dietro a quello che fanno lui e la crew, mi sono accorta che c’era la condizione perfetta per fare il primo passo a Nazarè. Perché poi ragazzi, parliamoci chiaro, io non ho surfato il vero Nazarè, ho fatto un primo passo molto umile. Non ho strafatto.
Sì diciamo che quell’onda che hai preso se hai la tecnica puoi surfarla anche remando, però comunque devi avere le gambe e la calma per arrivare in fondo.
Ma sì ragazzi, ribadisco: quello non era il vero Nazarè. Comunque per concludere la storia con Nic, gli mando lo screenshot dicendogli: che ne penseresti se venissi domani? Lui risponde “let’s go”. Sono stata a casa sua e mi ha portata fuori in amicizia. Non c’è stato business, nessuno sponsor, niente Red Bull né nulla. Io l’ho fatto per me perché volevo levarmi questa cosa dalla testa.
L’hai fatto per te dici, io ti credo. Perché però di 290 commenti super entusiastici che hai avuto alla foto di Nazarè hai deciso di rispondere soltanto a quelli che ti criticavano?
Figurati Leo se rispondo a 280 persone, non riesco. Quelli che tu hai visto dei due surfisti romani che mi hanno attaccato mi sono stati segnalati dai miei followers. Io non riesco a star dietro a tutto. A questi haters ho dato due risposte di numero, poi si sono scannati tra di loro.
Ti dispiace non avere il riconoscimento di tutti i surfisti cosiddetti “hardcore”?
No, non cerco l’approvazione di nessuno. A me non disturba il confronto costruttivo ma in quel caso c’è stata solo invidia, si è palesata la parte brutta del surf.
Ma non ti attira proprio per niente pensare di lavorare sulla tecnica del surf?
Io sono per le esperienze forti, preferisco il big wave riding. Mi piace l’adrenalina. Voglio approfondire il big wave riding ma non sono in cerca di soldi o sponsor nel surf, non credo che ci mangerò mai. Non vado in cerca della morte per i soldi.
Eppure Rip Curl è venuta a cercarti, mi hanno raccontato del vostro incontro in Francia. Ora avete una collaborazione no?
Non mi piace tanto parlarne perché come dicevo a Nic a me dispiace che chi fa surf con ambizioni di carriera, che giustamente vorrebbe vivere di surf, non ha il mio stesso potere contrattuale quando si siede al tavolo con uno sponsor come Rip Curl. Sai cosa mi ha risposto Nic? Questo non è vero, tu surfi. Non importa come surfi, però lo fai ed hai una grande influenza. L’industria cerca una persona sportiva ed influente come te. Non lo so, detto da lui cosa gli devi dire?
Non sono tanto d’accordo. Come accennavi c’è il rischio che se Rip Curl ha te che con 1 milioni di followers crei materiale super professionale e con alte capacità di conversione, perché dovrebbe dare più di una muta ad un ragazzetto che spacca ma ha 5.000 followers?
L’ho fatto presente anche ai dirigenti che ho incontrato, le aziende come Rip Curl devono assolutamente sostenere i ragazzi che vogliono portare avanti questo sport in qualità di atleti. Io non voglio togliere a nessuno ma anzi, mi impegno per far conoscere il surf a più persone.
Leo scusami adesso posso farti io una domanda: ma qual è l’obiettivo? Il surf deve rimanere oscuro, tipo una nicchia, oppure deve crescere? Qual è il pensiero?
Ormai il surf è di tutti ed è giusto che sia così, per quanto sia faticoso abituarsi perché in Italia abbiamo un grosso limite naturale di partenza: ci sono poche onde. Non ci sono abbastanza risorse per tutti. E quindi anche con Tuttologic cerchiamo di aiutare le persone a capire che ci sono delle regole e degli step da seguire. È chiaro che se poi c’è qualcuno con molta molta più influenza di noi che non è allineato, tutto il lavoro che stiamo provando a fare sul nostro piccolo mondo con l’intervento di una Giulia, che ha un’altra capacità mediatica, va un po’ a confondere le persone.
Ti assicuro che io sono sommersa di domande nei direct di persone che mi chiedono consigli sul surf, non riesco più a starci dietro. Infatti sto pensando ad un progetto per indirizzare tutto questo interesse e mettere a disposizione i miei contatti personali, per coinvolgere persone affidabili e competenti.
Invece ho guardato gli ultimi 3 mesi del tuo Instagram e di 39 post, più del 50% sono da inserire nella categoria che definirei lifestyle, cioè foto di te in posti fantastici. A seguire, subito dopo, c’è il surf con 9 uscite dedicate. Non penso che tu faccia le cose a caso, sennò non saresti dove sei. Perciò ti chiedo: che strada stai prendendo? Dove punti ad arrivare?
Il surf ormai fa parte della mia vita, sarà così finché morirò. Non è che ho fatto la foto negli spot e mollo il surf, non esiste. Il surf per me è un viaggio introspettivo, voglio arrivare ad essere il più consapevole e cosciente possibile quando sono in acqua. È un discorso di conoscenza di me stessa. Voglio essere a mio agio in ogni condizione. Te la sparo grossa: se un domani mi trovassi a Pipeline, mi piacerebbe un giorno andare fuori con i local e prendere un’onda.