Abbiamo strappato Alessia Tarquinio al calcio. Evviva, urrà, il surf ha vinto. Ed è davvero così: il surf ha vinto nella vita della Tarqui, tra le giornaliste sportive più influenti degli ultimi 20 anni. Cresciuta sulle corsie dei campi di Serie A, un ambientino che le lineup dei nostri spot a confronto sembrano il club del libro, con lo scoppio della pandemia Alessia ha deciso di lasciare il posto di lavoro (Sky) e la sua casa (Milano) per trasferirsi prima in Canada e poi in Repubblica Dominicana. Freddo o caldo, abeti o palme, inseguendo la passione per il surf: “Sì ma sono una pippa…anche se questa cosa mi disturba, perché ho sempre fatto 1000 sport e con atteggiamento competitivo. Il surf è la cosa più difficile ma bella che si possa fare”.
Si capisce che Alessia Tarquinio è una persona di sport – raccontato e praticato – dal modo spiccatamente auto-ironico con cui si approccia al surf, un atteggiamento purtroppo di pochi e riconoscibile in chi avendo raggiunto un buon livello in qualche altra disciplina sportiva entra nel nuovo mondo chiedendo permesso. Spero che nessuno dei quasi 40 ospiti che ho avuto il privilegio di intervistare finora se la prenda a male, ma con una persona così abituata ad avere le telecamere (quelle vere) dall’altra parte, a commentare lo sport con un linguaggio semplice, senza troppi giri di parole, me la sono proprio goduta.
I 38 minuti più scorrevoli e ritmati che il Tuttologic Surf Podcast abbia mai avuto, una giornalista e mezzo che chiacchierano di comunicazione, sport, cultura e viaggi. Con un finale ad effetto, inscenato dalla Tarqui declamando un passo del libro “Filosofia del surf” di Frederic Schiffter:
“Che la vita trovi nella gioia, la più insensata tra le emozioni, l’energia stessa che la giustifica, ecco che ne aggrava forse l’assurdità, perfino la follia: ma una follia di cui il surfista avverte i benefici e da cui trae, a sua insaputa, saggezza. Il desiderio che lo porta ad andare ad avventurarsi per l’oceano, là dove gli dei giocano con la sua vita, può, a ragione, agli occhi dei profani, apparire folle.
Solo, questi ignora che un’ora trascorsa a surfare è un’ora di vita concentrata in un qui e ora al di fuori di qualsiasi preoccupazione per il passato e per il futuro: euforia d’un tempo annullato che i filosofi chiamano beatitudine e che, a credere a numerose testimonianze, il fugace passaggio in un tubo fa provare nella modalità folgorante del piacere”.