foto e parole di Raffaele Saviano
Ricorderò il giorno che sono arrivato a Sydney per tutta la mia vita. È stato incredibile, in un solo colpo sono riuscito a centrare 2 obiettivi che mi ero prefissato: andare in Australia e lavorare in una surf factory.
Vi racconto di quella assurda giornata. Alle 6 di mattina atterro a Sydney. Alle 8 ero in ostello. Il tempo di sistemare le mie cose e corro in biblioteca a stampare il mio curriculum, sono le 12 circa. Alle 17 sono di fronte ad Hayden Cox, alias Hayden Shapes, occhi negli occhi per un colloquio di assunzione. La mattina seguente mi sveglio per andare a lavoro a Mona Vale, quartiere di Sydney dove ha sede la fabbrica che produce le tavole custom di Hayden Shapes.
Non vi nascondo che prima di partire avevo fatto delle ricerche tramite i portali che offrono lavoro. Se sei in Australia, Seek è il migliore, ve lo consiglio. Basta digitare le parole giuste e ti si apre un mondo. Consiglio personale: evitate di scrivere mail ad aziende che si trovano dall’altra parte del globo chiedendo di lavorare. Per essere realmente presi in considerazione bisogna trovarsi sul posto, altrimenti sarete scartati a priori. Soprattutto per questo genere di lavori. Diverso è se state applicando per una posizione da super manager o per un lavoro iper qualificato, allora è facile che il processo di selezione sia allargato anche al “resto del mondo”.
Tavole da surf e shaper: l’Australia è il centro di tutto
Leggendo dalla mia scrivania in Italia tutte quelle offerte di lavoro surf related mi sembrava di sognare. Solo dopo ho realizzato che la bici sta agli italiani come le tavole da surf stanno agli australiani. Qui, perché ormai vi scrivo dall’Australia, è normale che l’industria del surf metta a disposizione un bel numero di posti di lavoro, c’è tanta domanda per persone con ogni livello di specializzazione.
La mia esperienza da Hayden è durata in tutto 4 mesi. Avevo in programma di lasciare Sydney e trasferirmi a Byron Bay ed un’infiammazione al tunnel carpale di entrambi i polsi mi ha costretto ad una pausa. Sembrerà una cosa ovvia, ma sei vuoi fare lo shaper devi andare dove le tavole le usano, le comprano e le spaccano. Il mercato italiano è troppo limitato.
Prendo come esempio Byron Bay, dove vivo in questo momento. Una cittadina di quasi 5000 abitanti che è di fatto la mecca del surf australiano. Tutto sembra girare solo e soltanto attorno al mondo surf. Sono riuscito a contare 10 produttori di tavole e 15 negozi d’abbigliamento e materiale, ma sicuramente ne sto dimenticando qualcuno. Puoi noleggiare una tavola anche dal benzinaio e nei weekend si possono fare buoni affari nei mercatini agli angoli delle strade. La stessa cosa che in Italia succede con gli oggetti vintage, qui le vedi traslata sulle tavole da surf.
Appena arrivato a Byron ho fatto la cosa più ovvia, e non è stata quella di portare in giro curriculum a caso. Stavolta ho dovuto studiare bene la situazione e cercare il posto giusto per me. Mi sono diretto in un surf shop ed ho iniziato a fare domande su produttori locali e shaper validi nella zona. Ho fatto una lista di nomi e mi sono messo alla ricerca del mio nuovo lavoro.
Consiglio numero uno: scegli una factory a conduzione familiare
Dalla precedente esperienza da Hayden Shapes ho imparato una lezione: cercare solo surf factory a conduzione “familiare”. Avrei potuto portare il curriculum da Tomo oppure da McTavish ma come per Hayden Shapes, parliamo di surf factory con una produzione importante e quindi di conseguenza mi sarei trovato a lavorare in “catena di montaggio”. Nelle grosse aziende solitamente si lavora per comparti, ricoprendo ruoli a cui spettano mansioni limitate e specifiche. Un apprendistato molto utile se non si ha esperienza, perché con impegno e dedizione potrai specializzarti in una determinata cosa, oltre a sviluppare anche una certa manualità ed occhio per le situazioni. A lungo andare però, rimanere fermo in questa posizione ti si potrebbe ritorcere contro.
Ho passato gli ultimi 10 anni tra cantieri navali e carrozzerie quindi, avendo già fatto la mia gavetta, ho cercato qualcosa che facesse al caso mio, analizzando diversi fattori del turnover dei processi produttivi. Toccare un blank appena sfornato è una goduria e poter lavorare a tutti gli step fino a quando verrà esposto in vetrina è il paradiso.
Nelle piccole produzioni, da quello che ho potuto constatare in Australia, c’è più cura e attenzione nei dettagli e cosa non meno importante: hai la possibilità di lavorare quotidianamente con il tuo datore di lavoro. Nell’azienda per cui lavoro adesso produciamo tavole retrò come si faceva una volta, artigianalmente, senza l’uso della CNC (macchina a controllo numerico). Il mio capo è anche lo shaper, quindi ho la possibilità di fare tutte le domande che voglio e cerco di rubare con gli occhi ogni giorno. Esclusi miracoli comunque, dovranno passare anni prima di toccare un blank.
Consiglio numero due: affiancati ad uno shaper locale in Italia oppure fai-da-te
Shapare un blank a regola d’arte non è cosa da tutti. Sono richiesti occhio, mani buone e tanti anni di pratica tra dime, tamponi e pialla. Lo shaper custodisce i propri segreti gelosamente e difficilmente farà regali. A Lignano Sabbiadoro, la città dove vivo in Italia, c’è uno shaper locale grazie al quale sono riuscito ad avvicinarmi a questo mondo. Gli sono stato dietro molto insistentemente fino a quando non mi ha concesso l’onore di poter lavorare con lui. Ricordo anche che per ingraziarlo gli regalai una mozzarella di bufala da 1 kg fatta arrivare direttamente da Napoli.
In mancanza di uno shaper locale, se vuoi avvicinarti a questo mondo internet è pieno di materiale interessante. Consiglio di comprare un minimo di attrezzatura e di iniziare col fai-da-te a casa. I blank e la resina sono facili da reperire. Esistono alcuni siti che vendono blank di tavole già shapate ed un kit di resina e lana di vetro, elementi essenziali per iniziare a prendere un minimo di confidenza con il lavoro.
Se invece ci credi veramente e pensi che lo shaping sia la tua vocazione, fai come me: trasferisciti dove il surf è al centro di tutto. Nel XVIII secolo i ricchi aristocratici, gli unici che avevano le possibilità di viaggiare ai tempi, venivano in Europa per il Grand Tour. Raggiungevano il vecchio continente perché era la culla dell’arte e della cultura, venivano qui a conoscere ed imparare. Australia e California sono le mete ideali per il Grand Tour dello shaping, dove oltre ad avere una chance di costruire tavole per lavoro, potrai dedicare completamente la tua vita al surf.
Consiglio numero tre: preparati a mangiare tanta polvere. E lavora in maniera sicura!
Tutto quello che sto per dire potrà far storcere il naso a qualcuno, ma lo faccio dall’alto delle esperienze vissute e dalle competenze acquisite negli anni di lavoro a contatto con dei veri professionisti. Le surf factory sono luoghi di lavoro talvolta improvvisati e tirati su alla bene e meglio, dove la sicurezza spesso viene messo in secondo piano. ovviamente non voglio fare di tutto un erba un fascio ma di factory ne ho girate e quasi sempre c’è qualcosa che non va. Mi sono trovato a lavare e carteggiare una tavola in una stanza colma d’acqua, con la presa della lucidatrice scocciata con una busta ed il nastro adesivo.
Prima di toccare una tavola dovrai mangiare polvere, tanta polvere, polvere che ti fa venire il cancro. Come ben sappiamo le tavole da surf sono prodotte con materiali altamente tossici, quindi preparati ad indossare una maschera per tutta la durata del turno di lavoro. L’acetone scorre a fiumi, un prodotto che a contatto con la pelle ne dilata i pori, quindi appena vieni a contatto con la resina cerca di lavarti immediatamente.
Tutti i matriali chimici con cui dovrai lavorare quotidianamente, oltre ad avere una massa liquida, sono anche volatili. In pochi lo sanno ma come la pelle, anche gli occhi assorbono tutto quello che c’è nell’ambiente. Oltre alla maschera per le polveri per essere sicuri al 100% è consigliato coprire anche gli occhi. Con un facciale risolvi entrambi i problemi.
Qui sopra il podcast che racconta della vita all’interno della più grande fabbrica di tavole da surf del mondo, Cobra International in Thailandia.
Solitamente le surf factory sono allestite tutte nello stesso modo: un capannone viene diviso in stanze, ognuna delle quali è destinata ad un processo. C’è la stanza adibita al glassing, una per sanding, poi polishing e quella per lo shaping dei blanks. Queste stanze sono piccoli tuguri senza riciclo d’aria, e sono riconoscibili dai cumuli degli scarti produttivi adagiati sul pavimento.
In conclusione, spero che questa mini guida possa esserti d’aiuto a comprendere realmente a cosa andrai in contro. Lo shaper è la figura romantica che sta dietro al surf, un lavoro d’artigianato vero. Un lavoro fisico, sporco, ripetitivo, usurante e dannoso per la salute, ma allo stesso tempo incredibilmente soddisfacente. Con le tue mani potrai creare qualcosa di magico, mezzi per connettere le persone all’acqua e che sapranno regalare sensazioni uniche.
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