Kevin è cresciuto in Cornovaglia, figlio di un carpentiere che lo avrebbe voluto vedere arare la fascia del rettangolo verde. C’ha provato, Kevin, ma l’agonismo rozzo e primitivo del calcio, le urla e gli insulti: non fa per lui. Negli anni del liceo Emmanuel, francese di Capbreton finito nel sud-ovest dell’Inghilterra per il lavoro del papà, coinvolge Kevin nello sport dei principi hawaiani e così ha inizio una passione travolgente. Il virus si diffonde, sempre più ragazzi in zona scelgono di surfare. Qualcuno sogna il World Tour, altri scelgono le onde in base ai consigli di un surf coach. Sulla lineup c’è tensione, occhi sparati e volti contratti trasmettono l’intenzione di anticipare le mosse altrui e bruciare la concorrenza sulla prossima onda. È così in ogni spot di Newquay. Kevin cresce battendo la costa per scoprire nuovi spot dove anche se le onde sono meno lunghe, precise e potenti, almeno non dovrà condividere la lineup con persone aggressive e nervose. Per lui il surf è contemplazione, simbiosi con la natura. Esistono ancora persone come Kevin?
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