Sveglia presto, ci siamo abituati. Un’ora di macchina per raggiungere lo spot, magari bastasse questo in Italia per regalarci una session di buone onde. La nebbia, ecco, questo elemento ci ha colto di sorpresa e ha reso vano ogni tipo di programmazione. Inizia così una giornata che sarebbe diventata epica con il passare delle ore.
Arrivati a Supertubos sentiamo solo il rumore delle onde che frangono, non si vede niente. Nemmeno i locali avevano osato l’entrata in acqua, non ci resta che aspettare. Dopo l’immancabile “tosta mista” (poesia da ripetere) a colazione torniamo sullo spot. Adesso si intravede qualche onda, ma è ancora difficile giudicarne dimensione e qualità. Decidiamo di prendere le nostre cose e di accamparci in spiaggia.
Immaginatevi in Italia, dopo aver guidato all’alba, arrivare al mare e sapere che ci sono le onde ma non vederle a causa della nebbia. Come reagireste? Domande retorica. Io ero piuttosto indemoniato e la rabbia montava perché dal parcheggio di Supertubos continuavano a venire fuori top surfers come formiche: Eli Hanneman, Nic Von Rupp, Michel Bourez, Mason Oh, Barron Mamiya. La frustrazione ha raggiunto il picco di giornata quando ho visto arrivare Italo Ferreira, uno dei miei surfisti preferiti.
Scrollando sull’iPhone mi accorgo che è mezzogiorno: tra un tubo di Nic Von Rupp e qualche magia di Italo la foschia lentamente iniziava a diradarsi. Andiamo a fare un giro per recuperare qualcosa da mangiare e con l’occasione ci infiliamo un check ai point a sud di Peniche, che risultano o troppo esposti o troppo riparati. Nel primo pomeriggio torniamo a Supertubos, finalmente il sole splende alto e visibile. L’acqua riflette un bel verde. Si inizia a fare sul serio, cerco di non perdere uno scatto.
Nota di merito va a Diego Cordeiro che si getta nella mischia e non sfigura al cospetto dei mostri sacri del surf, mostrando grande confidenza sulle onde di misura. Il resto della giornata a è destinato al one-man-show di Italo Ferreira, Supertubos edition. Il campione olimpico sembra veramente poter fare quello che vuole con la tavola. Leo che in quel momento era spettatore in prima linea può confermare quanto faccia paura quel brasiliano, che ormai di umano ha ben poco.
In tanti anni in giro non mi era mai capitato di incrociare Italo in acqua. Sono sempre molto curioso di poter osservare questa gente da vicino e notare soprattutto gli atteggiamenti: la postura, l’essere loquace o silenzioso, il modo di interagire anche solo con lo sguardo. Italo Ferreira è una persona iperattiva, lo vedi 2 minuti e già hai la sensazione che qualcosa non va. Forse è questo il segreto del suo successo, forse non è stato sempre così, magari lo fa per interpretare un personaggio ma è certo che più del surf sia stato colpito dalla sua comunicazione non verbale. Masticava qualcosa, continuamente, in maniera compulsiva. Come se volesse scaricare anche nei momenti di attesa l’irrefrenabile energia che lo attraversa a corrente ininterrotta. Una radice, dice Diego, a me sembrava una banale gomma da masticare. Muoveva la testa avanti e indietro come se avesse nelle orecchie della musica hard rock sparata a duemila, non ha mai incrociato lo sguardo con nessuno e la cosa più vicina ad un contatto che abbia visto in quell’oretta fuori insieme è stata “un’intimidazione” a Diego. Vediamo arrivare un set alla nostra sinistra, Italo e Diego erano più o meno alla stessa altezza, Diego anticipa e parte prima remando verso l’onda. La prima passa, nessuno è in posizione. Per la seconda entrambi potrebbero partire ma il nostro è più interno. Ferreira rema forte, batte in piedi ed urla qualcosa a Diego che non riesco a capire. Forse portoghese. Diego parte, take-off difficile e poi l’onda è questa.
Troppo facile e scontato parlare di quanto sia insensato visto dal vivo, è come un videogioco in modalità principiante: non cadi mai.